Ultimo passo, primo passo

Ce l’ho fatta! Ce l’abbiamo fatta!! Clodia, tutti coloro che hanno dato a questo viaggio, di passione ed acqua, ed io. Siamo arrivati a Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul.

Sono passati più di due anni dalla partenza. Dal primo lampo dell’idea, dal sogno ad occhi aperti, guardando con rispetto ed apprensione ogni piccolo corso d’acqua in difficoltà. Dai mille viaggi in treno, bicicletta, a piedi. Le notti insonni a lavorare con Pati de Ross, grande amica. Le scarpe consumate. I mille no delle persone che non potevano o non volevano aiutare, le delusioni, gli abbracci, gli angeli che mi hanno aiutato subito ed incondizionatamente, il disinteresse e l’amore, la generosità, ed i miei molti errori. Tutto è stato magnifico e parte di un vero progetto.

Ricordo la partenza, con Jacopo, e Massimo Di Nonno, che fotografava, e Nicola Pittarello che filmava, nel vento gelido del Tamigi. Le notti sotto zero dell’Inghilterra, i 20 giorni di vento a 40 nodi, dritti dall’artico, la pioggia orizzontale, il fuoco dello Shipwright’s Arms per asciugare i vestiti bagnati, la malattia, i quattro mesi tra ospedale e letto, il Danubio ghiacciato. Il secondo stop non programmato.

E poi le 346 chiuse passate, i 18 acquedotti, remando sospeso o veleggiando a 30 metri d’altezza, gli 8 tunnel, i 2000 e passa ponti e 5401 km di gioia, sofferenza, vento e sopratutto acqua, sotto sopra e a volte dentro Clodia. A vela e tanto a remi. E non mollare. Fino in fondo. Ma dove è il fondo?? (continua…)

 

L’io del vagabondo

In ogni viaggio come in ogni vita esiste un luogo nel quale ci si ferma piu a lungo del previsto, del voluto. Piacevole o meno.

Sozopol mi ha tenuto per 20 giorni. E se fosse stato per me ci sarei rimasto ancora: sono stato felice. A Sozopol c’è qualcosa di magico, in quel promontorio roccioso.

A parte tutti gli incontri piacevoli ed interessanti avvenuti durante il festival mi sono trovato ad affrontare una serie di depressioni veloci ma potenti che creavano un’onda potenzialmente pericolosa per Clodia che non è costruita per affrontare mare grosso. Le pause tra le due perturbazioni non erano sufficienti a calmare il moto ondoso e quindi non potevo partire.

Nel frattempo il tempo scorreva. Ad Istanbul mi aspettavano ed io che in fondo ero arrivato sul Mar Nero a luglio, mi sentivo un po’ male per non aver approfittato dei due mesi migliori per navigare. La responsabilità non era solo mia in quanto mi è stato gentilmente richiesto di attendere settembre per motivi di visibilità mediatica ed essendo il mio un progetto di comunicazione è chiaro che la scelta era dovuta.

L’attesa, l’arte della attesa sta diventando un’arte che frequento assai. E nella quale cerco di migliorarmi. (continua…)