Me ne sto seduto a scrivere, su questo bel divano, in questo bel Cafe Mozaic, che sa di passato anche se in moderno edificio, con questo sax soprano che danza agile tra culture diverse, ed il muezzin che cantilla dal minareto (si dice cantillare, non è errore): vedo fuori la pesante mole del museo archeologico, case cubane in rovina ma abitate, sepolcri romani vuoti, steli funerarie, antiquari in attesa appesi ai loro bronzi, cani randagi dolci ed educati. Il vento soffia forte. E Ovidio che guarda nostalgico il mare. Davanti gli hanno costruito una pizzeria della catena Spizzico. Potrei anche morire qui, ora, per la bellezza imperfettamente perfetta.
Sono a Costanza e mi ha già preso il cuore. Quanti cuori dovrei avere per sostenere questo viaggio? Se penso alla noia ed alle lamentele imbronciate di tanti compagni di viaggio mi domando come sia possibile non innamorarsi sempre di questo mondo che cambia. E sorridere.
Sarà l’ignoranza? L’ignoranza a me sembra una bestia strana. Si aggrappa alla schiena come una gatta e non ti molla più.
È un lamentarsi continuo, una assenza di curiosità, una assenza di sorriso, una incapacità a risolvere i problemi, il non imparare a godersi i problemi. E spesso la colpa è degli altri. Non ci si rende conto che la gatta è nostra. Ho conosciuto pastori albanesi saggi e colti anche se analfabeti, e laureati in filosofia (che vorrebbe dire amico della sapienza) ignoranti come capre che incolpavano la scuola della loro ignoranza.
Come se tutto il resto, la attuale ricchezza immensa di fonti di conoscenza, non fosse lì, a disposizione. E laureati in scienze culturali che non erano colti per niente, piuttosto aridi semmai. Si lamentavano rassegnati di non avere memoria. Cosa c’entra questo con il viaggio? Non solo ci entra ma ne è la spina dorsale, la chiglia, di questo strumento esistenziale di conoscenza. Viaggiare per conoscere e quindi per vivere. Si trascende il sopravvivere che spesso annichila la ricchezza che ci sta sotto.
Qui a Costanza i romani avevano costruito 4 terrazze sul mare e la città si sviluppava su questi gradini. Si saliva e si scendeva. C’erano magazzini, terme, mercati, case, basiliche, teatri e sotto Porto Tomis, fondato dai Greci. Oggi la città vecchia è sotterrata dalle costruzioni successive inclusa la nuova, orrenda, becera, insostenibile Costanza. Blocchi di cemento che si sgretola al vento ed al gelo invernale. Meno male. Attendo sereno.
Il brutto genera brutto. Quasi sempre. Il mostro in cemento, disabitato e abbandonato che sulla piazza Ovidio domina il porto verrà prima o poi abbattuto. Lo sfregio di qualche nuovo ricco. Gli tirano pietre, rompono i vetri, ci cagano dentro. Immondezzaio in pieno centro. Capite l’ignoranza? Qui sotto c’è un tesoro, una città romana quasi integra. Ho visitato gli ambienti del mosaico e delle sale dei magazzini vicino al porto commerciale. Sono spettacolari!!
Il museo archeologico è ricchissimo di testimonianze dal neolitico ad oggi. Straordinarie. Alcuni monili aurei e la collezione di vetri mi hanno fatto commuovere. Per svelare bisogna prima rivelare.
Publio Ovidio Nasone venne esiliato qui dall’imperatore Augusto per 9 anni. Qui lo venerano e gli dedicano tutto. Lui implorava Augusto di farlo tornare a Roma, via da queste genti barbare. Buffo. Eppure anche all’epoca qui non si doveva star male. Ma Roma era Roma. Comprendo. Sarà che pure Ovidio era un po’… ignorante, per come la vedo io. Bene ora sarà meglio che guardi la mia, grande, di ignoranza se no divento spocchioso e presuntuoso.
Ricapitoliamo. Ero rimasto a Tulcea. Mi sono rifatto 200 km, 100 a traino di una chiatta di forzati della legna, per risalire la corrente. Ho lavorato per un paio d’ore con loro per sdebitarmi del traino da Sfantu Gheorghe a Tulcea. E mi sono spaccato la schiena.
Un lavoro durissimo, scendere sulle isole del Danubio, in mezzo al fango, caricare tronchi da 50 chili e più e poi salire (in ciabatte) la passerella scivolosa della chiatta. Zanzare e serpenti. Le spalle ferite, le formiche nelle orecchie. Uomini di ferro e generosi. Pagati quasi nulla. Eppure sempre sorridenti. Grazie amici del Campeni, il nome del rimorchiatore.
A Tulcea sono stato per 10 giorni ospite di Victor e ho partecipato al varo della casetta di Patzaikin costruita da Victor e Paul.
Ho viaggiato lungo il Danubio, nel Delta, nel fantastico lago Razim, che era mare. Ho visitato la fortezza genovese di Enisala con Jenika, a bordo della sua barca, grande esperto di specie vegetali e di sistemi di condivisione di dati. Mi ha raccontato tutto quello che ha imparato nella mappatura delle specie vegetali del Delta.
Ho bevuto l’acqua del pozzo di Enisala con il secchio bucato, ho visitato il museo e l’acquario di Tulcea dove la vasca è a forma di cuore. Poi giorni spesi a riparare Clodia nel laboratorio di Paul Vassiliu. Giorni a bordo di Carina, il Bristol Pilot Cutter di Saulius e Ruta. A parlare del futuro progetto e di come vivere con poco. Con meno possiamo fare di più.
Le scarpe bucate dai tanti km mi sono state riparate da un gentile calzolaio vikingo. Le mani callose si sono riposate un po’.
4.600 km a oggi, mica male. Troppo veloci. Dovevo andare più lento per capire di più. Serve tempo.
Come a Sfantu Gheorghe, dove ritorno, navigando mollemente dove la corrente ancora lavora a favore. Incontro in un’ansa Saulius e Ruta, e passo due giorni nella natura. Silenzio.
Dormo sulla coperta di Carina sotto la zanzariera e migliaia di zanzare mi divorano. Ma come fanno a passare? Quanti litri di sangue alla fine avrò donato loro? Veramente terribile.
Sulla tela del copri boma sono una fila continua, sembrano gli Apache sulla collina di “Ombre rosse”. Tutti schierati pronti per l’attacco all’ultimo sangue.
Il delta non è estuario. Sono mille rivoli di acqua che nutrono un polmone liquido e mille vite. Come gli immensi pellicani che volano con grazia commovente, con quel loro becco immenso. Altro che albatros di Baudelaire…
E i pesci le rane, comunicative assai! E i cavalli selvatici e i cinghiali. E i campeggiatori, da abbattere. Troppi, accendono fuochi dove è proibito.
E i navigatori a motore, da eliminare. Rumorosi, maleducati, inquinanti. La morte del delta. Una vergogna in una zona dichiarata patrimonio dell’umanità. E nessuno fa nulla. Gara al motore più potente. Una vergogna!
Sfantu Gheorghe sarebbe un sogno. Strade di sabbia, casette lipovane, animali, spiaggia bellissima, il Danubio che si prende una vacanza nel mar Nero.
Eppure già i germi di una società malata di disattenzione ed ignoranza si stanno diffondendo. Il rumore, le grida volgari, i motori, i tatuaggi, che sono sfregi. Su tutto. Ci ritorno su ma mi ossessiona questa moda. La Romania, dopo l’Italia è il paese al mondo dove ci si tatua di più, leggevo su un giornale locale. Non sanno, nella noia immensa che fare, e si tatuano? Ma la nostra pelle è fatta per stare libera. È complessa. E semplice. Come la natura. Che tristezza.
Il festival Anonimul, il più remoto festival di cinema indipendente al mondo, mi regala serate di belle emozioni. Il cinema rumeno mi sorprende, in particolare il film “Uomini e chiocciole” divertente ritratto della situazione del dopo Ceausescu. La direttrice Mirena Berescu (bionda, alta, bellissima e simpatica) mi parla del legame con l’acqua. E vedo un documentario poetico e toccante, durissimo, sullo Tsunami. Di una Filmmaker americana.
Già, l’acqua.
Empty your mind
Be formless, shapeless,
Like water
You put water in bottle it becomes the bottle
You put water in a cup it becomes the cup
You put the water in teapot it becomes the teapot
Water can flow or it can crash
Be water my friend
Be water
Bruce Lee
Qui c’è un festival che vuole mostrare le glorie della XII legio Romana. Un gruppo di Bulgari ricostruisce fedelmente tutto. Dal cibo alle armi. Pittoresco, suggestivo e un po’ kitch. Vederli prendere un caffè al bar vestiti da centurione fa un po’ ridere. Col telefonino poi diventa surreale. Ora marciano e gridano, tra un po’ combatteranno contro i Daci. Ovidio non ride.
Ho navigato nel Mar Nero: non è facile. Partiti nella sera dalla foce a Sfantu Gheorghe, c’è stato qualche problema per uscire dai bassifondi del Danubio con Carina, abbiamo anche toccato. Poi via a bordeggiare. Vento da SE. Nella notte il vento gira a W poi a NW; è salito fino a 25 nodi. Con onde ripide per me, mi sono un po’ spaventato. Ho deciso di farmi trainare a vela dai lituani e abbiamo fatto 67 miglia.
Poi mi sono slegato prima di Costanza e sono entrato anche io a vela. Il Vento continua. Sostenuto.
Il bellissimo marina di Port Tomis mi ospita gratis. Sono veramente felice qui. E si sta bene. C’è un luogo del cuore che è il ristorante Manarola, con Aida, la bella proprietaria. Cucina sublime ed eleganza. Non me lo posso permettere sempre. Poi il vecchio albergo palace del 1914, sul porto. E il casinò del 1904, in spettacolare abbandono.
Vediamo come procedere perché ora inizia il clima incerto di fine estate ed il Mar Nero può diventare pericoloso per Clodia e me.
Un abbraccio a tutti.