”Ich liebe Deutschland! Finalmente!”
Lo dico mentre stiamo ormeggiando in un bel marina dopo quasi 50 km sul Reno.
“Ici c’est la France Monsieur! Ma c’est pas grave, nous somme Alsaciens!” (Siamo in Francia, Signore! Ma non è grave, siamo Alsaziani!”) mi rispondono i cortesi addetti del porto.
L’Alsazia era iniziata nei Vosgi: lingua, architettura, sapori erano decisamente cambiati ma qui, che credevo di essere in Germania davvero, ancora siamo in Francia.
E dire che abbiamo pure issato la bandiera di cortesia tedesca. Che figura!!
Questa è l’Europa e sempre più mi convinco che i confini sono stati tirati sulle carte da pazzi o dopo un bicchiere di troppo.
In ogni modo siamo qui, sul Reno, in un piccolo paesino dal nome tedesco ma che per la cronaca e per i politici è in Francia.
Ma i cittadini lo sanno? Esiste il territorio, la cultura, il dialetto, ma i confini… Chi li ha inventati?
La nostra avventura sil Reno inizia alla grande. Tutti ci terrorizzavano, come sempre. Onde, correnti da togliere il pelo ai castori controcorrente, navi gigantesche che non rispettano nessuno, chiuse megalitiche mangiatrici di uomini e barchette, polizia che ci avrebbe arrestato e rinchiuso per anni. Un vero inferno fluviale!
Ma ci abbiamo navigato e ora qualcosa vi possiamo dire.
Le onde sono per il momento piccole, il vento è contrario ma debole, le navi sono sì grandi e abbastanza veloci, sui 20 km/h, ma sono molto attente a noi come noi lo siamo a loro.
E le scie che pensavamo tremende, non sono poi tanto male.
Molto ma molto peggio a Venezia, in canale della Giudecca e bacino di San Marco con tutti i cafoni motorizzati che girano senza nessun ritegno. Qui chi naviga sa il fatto suo.
A malapena c’è qualche “bambinone” che con il suo bel motoscafo portato a manetta, si avvicina per salutarci e ci fa ballare un po’.
Ah, magari quella volta loro madre avesse avuto il mal di testa… Ma così va il mondo e magari cambieranno un giorno, gli imbecilli.
Le chiuse sono perfette: nella prima, di 270 mt per 20, siamo soli con un motoscafino, mentre nella seconda (stessa misura), entriamo con 4 navi, la più piccola delle quali è lunga 60 metri.
Siamo come un topolino in una festa danzante di elefanti. Ma sono elefanti che sanno danzare.
Tutto si svolge con calma e precisione. In un mondo di marinai professionisti tutto è più facile. Solo all’uscita le loro eliche enormi generano un movimento d’acqua un tantino esagerato. Ma non abbiamo nessun problema, anche grazie a Bruno che sa il fatto suo.
La polizia fluviale poi… Bella questa. La vediamo arrivare a tutta birra (si fa per dire..) verso di noi e ci diciamo: eccoci, prepariamo le nostre robe pronti alla galera… Invece si fermano per non fare onda, e ci sorridono, salutandoci. Scattano pure delle foto: grandi!!!
Poi è vela, bordi, remi leggeri, sole, bagni nell’acqua verde e trasparente, una complice corrente a favore e tanti uccelli e pesci. Sullo sfondo c’è la foresta nera. Un sogno!
Ma c’è un triste “ma”. Il fiume per diventare così navigabile è stato completamente modificato. Il suo alveo naturale scavato, il suo corso canalizzato. I bei meandri che lo caratterizzavano sono stati “tagliati”. Vi rimando a questo testo del CIRF (con cui stiamo avviando una collaborazione) che spiega bene come è fatto un fiume vero e come l’uomo riesce a distruggere in pochi anni ciò che la natura ha fatto in millenni.
Ora non sarebbe tempo di tornare a lavorare con la natura e non contro la natura? Il nostro viaggio si propone questo fine, riportare una misura veramente “umana” nel modo di viaggiare. La velocità è una bufala: mi sembra evidente quanto essa sia sopravvalutata e spesso anche dannosa.
Ma ricapitoliamo le tappe precedenti.
La nostra navigazione si era interrotta per due giorni a Saverne, splendida città, dove eravamo stati invitati a mangiare una pizza da Volker e Ilka, due simpatici tedeschi che hanno la loro casa-barca di vacanze nella bella capitale dei Vosgi. La pizza, ve lo dico subito, era stupenda, come la loro ospitalità a bordo di Grønland, un Tijalk (barca a fondo piatto) olandese, restaurato interamente con le loro manine.
Grazie amici, spero che il vento vi accompagni gentile e propizio nelle vostre vite!
Bruno il giorno dopo fa felice Volker facendolo veleggiare nel bacino prospiciente il bellissimo palazzo settecentesco, Chateau of Saverne, che per la sua maestosità ha guadagnato il titolo di “Versailles d’Alsazia”.
Tutti a bocca aperta a fotografare Clodia e i due nostri skipper con due cani felici a bordo. Da Saverne si riparte, sotto pioggia, sole e nuvole veloci: navighiamo a ritmo alterno.
C’è spazio per delle veleggiate galattiche di Bruno e Fine (quando io sono a bordo il vento sparisce, chissà perché??) e dopo 18 km arriviamo a Hochfelden.
Per raggiungere la città bisogna attraversare 4 corsi d’acqua in 1 km: credo che sia un record mondiale! Sono esattamente: il canale dalla Marna al Reno, le Lohengraben, le Altbachgraben e la Zorn. In città scopriamo che scorre un quinto fiume, di birra in quanto qui si trova dal 1641 la Birreria Meteor.
Cerchiamo una Brasserie ma cediamo davanti ad una pizzeria…
Il paese è Germania pura, ma non c’è gente in giro a dircelo.
Vediamo anche strani affreschi, di vecchi affacciati alla finestra e segnali per terra che indicano ai cani che è meglio farla nei tombini (!!): questi indizi ci fanno capire che la logica Francese, in fondo simile a noi cugini Italiani, qui non ha mai funzionato granché. D’altronde la maggioranza dei nomi è tedesca e tutti sono bilingue perché per lungo tempo l’Alsazia è appartenuta alla Germania.
In questa settimana abbiamo incontrato alcune persone davvero speciali, e devo dire che non è una novità.
La prima è Henri Bronner, sindaco di Vendenheim amico di Guy Rougieux, che viene a prenderci gentilissimo alle 9 di mattino, ad Hochfelden, con alsaziana puntualità (che è 5-7 minuti da quella tedesca, che è 5 dopo quella svizzera che è imbattibile, anche dai giapponesi).
Henri è una persona che non riesce proprio a mascherare la sua natura intelligente e generosa. Ci carica in macchina e, malgrado un’agenda fittissima di impegni, ci porta a Strasburgo che dista 15 km per visitare la centrale di depurazione, la 5a in Francia, che tratta residui per 1 milione di “abitanti equivalenti” (si dice così), proprio sulle sponde francesi del Reno.
ll dottor Samir Idir ci illustra questa meraviglia tecnologica che restituisce acqua al grande fiume, grave malato ed oggi sotto meticolosa osservazione da parte della Comunità Europea.
L’acqua che viene immessa in Reno è quasi potabile.
Dai residui della depurazione si produce gas naturale, tanto che il prossimo anno la stazione sarà indipendente per produzione di energia termica e prossimamente anche elettrica (si pensa addirittura di rendere disponibile il surplus di energia per uso pubblico).
Incontriamo anche Aude Gambet, una giornalista della DNA di Strasburgo che scrive un articolo su di noi: lo potete leggere qui.
Torniamo poi a Strasburgo dove il nostro sindaco ci introduce ad Andrée Buchmann, consigliere regionale d’Alsazia e vice presidente della comunità di Strasburgo (con delega al’ecologia).
Ci racconta le politiche ambientali di questa città, incrocio d’Europa e all’avanguardia nelle idee e nella gestione urbana. La signora ci invita a mangiare nella fantastica sede del consiglio regionale dell’Alsazia.
Torniamo a Vendenheim dove visitiamo il comune, un centro modello per anziani, un impianto sportivo costruito con le migliori tecniche per un’architettura che ottimizza i consumi. Insomma un sogno.
Il sindaco, che era sindacalista, lavora con grande passione e dedizione ed è amato, con sincerità. Non lesina energie e partecipa ad ogni evento dove la sua presenza sia ritenuta importante.
Per ritornare ad Hochfelden, dove Clodia è ormeggiata, ci accompagna Damien, poliziotto di Vendenheim.
Siamo per la seconda volta ospiti della polizia francese, senza aver commesso nessun crimine (ancora)!
Bruno, che si è sacrificato per vegliare su Clodia, ci aspetta con ansia dato che il vento è propizio. Partiamo subito e con Bruno al timone e Fina ai remi voliamo e percorriamo 18 km in 5 ore, giusto in tempo per arrivare a Vendenheim, dove ci fermiamo due giorni ormeggiati a una bellissima barca olandese.
Questa è la casa di Remy, “eclusier” della prima chiusa sul Reno dopo Strasburgo. Remy, con la moglie Nadash (che di professione fa la postina ciclista) ed i loro due figli, ci offre una doccia calda e ci invita subito a cena, raccontandoci tutto della chiusa e del Reno. La loro figlia Marine ci omaggia anche di un disegno che ci rappresenta tutti e tre!
Grazie Remy e Nadash! Il seguito a presto…