Controcorrente – Da Wertheim a Würzburg

Molliamo gli ormeggi da Wertheim nella mattinata del 20 luglio, con un equipaggio fresco di giornata composto da me, Paolo, Massimo e Holger. Piove e tira un venticello non male: uscire dal piccolo fiume Tauber, dove la barca è ormeggiata, non è facile. Poi però nel Meno il vento è a favore e si fila con due mani di terzaroli.

Ancora questo fiume mi stupisce: valli scoscese e castelli, foreste di conifere, sembra di essere nelle Alpi. La giornata si alterna con vento a favore o contrario a seconda dei meandri, poi quando scende la sera ci fermiamo in un piccolo borgo che si chiama Urphar, dove ormeggiamo ad un pontile davanti ad un camping

Molliamo l’ancora verso il centro fiume in modo da tenerci staccati dal pontile stesso, dato che le onde delle navi che passano di notte potrebbero farci sbattere.

Holger ed io andiamo verso un Garni che promette bene anche se i locali ci dicono che è chiuso. Beh, proviamoci! Troviamo una porta aperta. Silenzio.

Entriamo: nel locale le luci sono basse e c’è un uomo seduto su una panca, attorniato da tavoli in legno apparecchiati. Holger chiede se è possibile avere due birre: “Nein… Geschlossen… Montag…” (No, chiuso, è lunedì).

Lo ringrazio comunque e Holger fa lo stesso, raccontandogli quello che stiamo facendo. L’espressione dell’uomo cambia: tace per un istante poi ci invita a sederci.

Arriva poco dopo con due grandi Weissbier, e ci dice che offre lui. E una parola mi colpisce: battendomi la mano sulla spalla mi dice “respekt”, e i suoi occhi brillano!

Grazie Volkmar, questo è il suo nome, quel tuo “respekt” e quello sguardo mi hanno ricompensato in un istante di tutti i no, di tutti quelli che hanno riso di me, che hanno già deciso per il no. E che sono, forse non lo sapranno mai, quelli che mi hanno dato la spinta per partire, per fare questo viaggio.

Devo ringraziare i no, i disfattisti, i razzisti, i preoccupati, i distruttivi, gli egoisti, perchè è per loro che questo accade, per trasformare il loro sguardo dal di dentro, con attenzione e senza giudizi. Volkmar ci offre altre due birre e ci mostra la più grande chiocciola che abbia mai visto, africana, che sulla sua mano, con una eleganza rara, sembra volergli esprimere amore. Che lui ricambia.

Passiamo una notte tranquilla e il risveglio è fatato, con la nebbia sul fiume e le anitre che mi vengono intorno.

Volkmar e sua moglie ci offrono la colazione, a tutti e quattro, e ci regalano cibo e birre, Bettina ci regala birre e un altro signore sempre birre. Siamo in Baviera, la stiva è piena: di birre ovviamente! La birra è cibo dice Holger, non morirò di fame allora (o quantomeno morirò in allegria…)

Il consumo di birra in Baviera è il doppio della Germania, che è 3 volte quello dell’Italia. In Baviera si bevono circa 240 litri di birra all’anno, per persona. I dati li ho presi da un opuscolo ricevuto in una brasserie in Francia, a Saint Nicolas de Port e allora mi sembrava impossibile. Ora lo so, è possibile!

Ripartiamo dopo questa bella serata che sembra una vita. Chiusa dopo chiusa (immense) siamo a più di metà di questo fiume magico. A Marktheidenfeld ci aspetta un giornalista. Ci scatta molte foto, ma non ci chiede nulla. Scriverà un articolo bellissimo, grazie ad Holger credo, che gli passa un testo fatto dopo quattro giorni a bordo.

Vivere il fiume è completamente diverso che vederlo dalle sponde. Tutti i libri sui fiumi che ho letto, compreso l’immenso “Danubio” di Magris (che pure lo ha percorso in barca, anche se a motore) non riescono a comprendere l’essenza, la potenza, la purezza assoluta di questo essere complesso.

Non passa la cosa secondo me più importante: la vita. Tutto deriva da questi fiumi, il mare è fatto di fiumi, noi siamo nati lungo i fiumi. E lì finiamo prima o poi. Scrittori di tutto il mondo, imbarcatevi! Ma a remi, vela, pedali! Vi prego senza il motore che vi toglie quella meravigliosa cosa che è il sacrificio.

Se no non capirete. Siete al 70 per cento acqua e se non entrate in risonanza con lei… Nisba. Scriverete un fiume di parole ma non parlerete veramente del fiume. Anche io non ve ne sto parlando in fondo, perchè ancora devo farne di acqua!

Dopo un bel piatto di Spätzle (gnocchetti di pasta e varie cose) navighiamo verso Lohr Am Main. La corrente aumenta, io aumento i colpi, ma inevitabilmente rallento: tappa durissima.

Per 7 km mi traina Serena perchè non riesco ad andare avanti e sta per venire giù tanta acqua: devo stare attento alla mia salute. Mi mollo qualche chilometro prima di Lohr, antichissimo porto, dove i pescatori ancora esistono e dispongono le loro immense reti subito all’uscita delle chiuse, direttamente dal peschereccio.

Trovo vecchie foto dei cantieri, delle zattere che scendevano a valle, fatte di legname, e uomini che vivevano sul fiume, grazie al fiume. E i segni delle piene, scolpiti sulle case. A Lohr la prima sera cerchiamo un posto dove mangiare ma una sola luce brilla nel paese deserto, siamo arrivati tardi come sempre!

La luce sa di pizza ed è un bel ristorante italiano, l’unico aperto. Malgrado le nostre intenzioni di privilegiare i cibi locali, entriamo. Salvatore (un altro) ci accoglie e mangio un piatto di gnocchi alla bava straordinari. Grazie Salva!

A Lohr ci raggiunge anche Enrico, che sta viaggiando in bici da Glasgow fino in Ucraina e che si è prenotato attraverso il sito per trascorrere qualche giorno in barca con noi.

Ci racconta della sua vita spericolata, infanzia in Sicilia, Catania, poi Roma e Glasgow.

Il mattino dopo, su Clodia, incontro un uomo che sta su una sedia a rotelle con una donna forte che lo accompagna. Ha un cappello di capitano, si chiama Manne e vive su una barca. Mi dona una bandiera della Baviera e delle birre di Aschaffenburg, da dove viene. La sua storia è forte: colpito da un ictus anni fa, non rinuncia alla barca e fa costruire un sistema per essere issato e muoversi a bordo. Nei suoi occhi vedo la passione e l’ammirazione, la tristezza e la forza di chi riesce a vincerla. Se hai poco ti arrangi con poco. Ma Manne ha molto! Grazie al fiume.

Incontro anche Frank e Jessie che mi regalano Paula, un porcellino di gomma che grugnisce e che ora è a prua su Clodia, e che mi fa sorridere sempre. Grazie.

La corrente ora è veramente forte e faccio una fatica bestiale, si sente la mancanza di Bruno, anche in questo. Alla sera arriviamo a Wernfeld, dopo solo 12 km ma veramente sudati.

Il Meno è esondato, le banchine sono sott’acqua. Incontro Harim, che già mi aveva seguito con il suo kayak a Lohr, e la serata si svolge con un misto di pennette (regalo di Volkmar) al pomodoro preparate da Paolo e wurstel cucinati da Harim e Moni.

Siamo ormeggiati in un bellissimo marina, nel verde, solo disturbato dal passaggio continuo di treni, anche nella notte. Ma questo mi rende felice, meno camion sulle strade. Incontro anche Günther, che mi regala molto cibo ed Hermine e suo marito che vogliono che io accetti 20 euro. Grazie per questi regali. Fantastica Germania.

Al mattino di buon’ora cerchiamo di vincere la nostra pigrizia (e un po’ di sano terrore logico) per affrontare questa corrente che aumenta sempre.

All’uscita il gioco si fa subito duro. Esco dalla protezione del lago del marina e devo remare al massimo delle mie forze: ma sono fermo! Mi sposto e retrocedo, ma dall’altro lato del fiume la corrente molla un attimo, e, miracolo, arriva il vento. Il mio amico-nemico.

Ora è con me e sono felice, una forza della natura mi aiuta a combattere un’altra grande forza della natura. Vento contro corrente, con Clodia fatta per andare: e va, urca se va. La gente mi guarda allibita, è da folli navigare contro questa corrente che al centro raggiunge i 6 km orari, più forte della mia velocità a remi.

Ai lati trovo sempre un passaggio, tocco gli alberi, a volte mi traverso, giro, mi fermo e riparto. Una lotta di traiettorie, resistenza, attenzione, astuzia. L’arte della navigazione fluviale.

Konrad ne sarebbe felice. Con il motore è così facile e banale: mi diverto anche se sono esausto. Ore a vela e remi, remi e vela, mai un attimo di pausa.

Ed io non sono un bravo velista. Come dicevo, ci vorrebbe Bruno che è un mago di queste situazioni. Studiare l’acqua è fondamentale, anticipare le situazioni, gli ostacoli sommersi rivelati dal movimento differente dell’acqua, i tronchi semi sommersi e le pietre grandi.

Comunque, la tappa è gloriosa. Arrivo a Würzburg con tanto vento in un tratto dove il Meno, tra i vigneti è largo non più di 30 metri. La corrente, immane, fa onde che sono quasi delle rapide. Per fortuna c’è il vento, a remi sarebbe impossibile procedere!

L’ultimo ponte è una faticaccia, 10 minuti per 30 metri. Ma ecco Würzburg, con le sue cipolle, il suo Castello tra i vitigni. Würzburg è tra i vitigni! Mi giro dopo la chiusa e vedo un ponte con le statue (meraviglioso) e dietro uno sfondo verde.

Nel marina Hafen Bar ci accolgono Coony, Tom e Alwin.  Ci mostrano la mezza pagina del Main Post con un articolo su di noi. Bellissima accoglienza, bellissimo luogo, in un’ansa protetta del Meno di fronte ad un isola per soli animali non umani. Questa notte c’è tanta musica! C’è una festa di laurea e a Würzburg vivono 30.000 studenti. Gran bella città, principesca. Oggi visitiamo la “Residenz” con gli affreschi di Giovan Battista Tiepolo.

Alex e Manuela dalla loro barca mi parlano e ci salutiamo, ci avevano aiutato a Lohr. Vecchi amici o quasi! La sera si accendono dei fuochi a bordo di una barca attrezzata con tavoli: il proprietario del marina, gentilissimo, ci invita oltre ad offrirci gratuitamente l’ormeggio ed i servizi. Un vero gentleman.

A Würzburg incontro l’oriente. Ho questa sensazione, anche se sono ancora lontanissimo. La chiesa sopra di noi sulla collina parla chiaro. Ma dove inizia l’oriente?

Andiamo a vedere! Un abbraccio.

 

 

 

Ulisse am Main – Da Aschaffenburg a Wertheim

Ci eravamo lasciati ad Aschaffenburg, dove abbiamo trovato un amico in più, anzi tanti amici!

Uli Becker ci accoglie ed effettua la registrazione di Clodia presso il locale Yacht Club. Ormeggiare nelle città spesso è impossibile al di fuori dei marina, per molti motivi. Alcuni simpatici adolescenti amano vedere libere le barche prese al guinzaglio dalle cime di ormeggio e non è piacevole, anche se come Moitessier diceva, le barche in porto, all’ormeggio, stanno bene, ma sono costruite per navigare.

Ecco quindi che se si vogliono dormire sonni tranquilli, la città non è l’ideale…

Ma mille volte preferisco la natura, le spiaggette anche se è difficile perché spesso si arriva col buio in agguato e le onde delle grandi navi sono pericolose vicino a riva: si alzano e possono fare danni, anche grossi ad una barchetta come la nostra. Insomma ci si rifugia in marina, nel porto.

I porti hanno porte e spesso sono chiuse. Uli ce le apre, come quelle del suo cuore. Quelli del marina ci vogliono far pagare: lui per dissenso e solidarietà a noi, come membro del club ci fa pagare, ma subito dopo di tasca sua ci restituisce i soldi, così tutti sono contenti.

La sera, in attesa che Fine ci raggiunga (era a Francoforte per sistemare il suo portatile e sta arrivando qui in treno), con Bruno ci facciamo una bella bevuta di birra locale e parliamo di cose belle e progetti futuri. Insieme a Bruno, anche quando piove il tempo è sereno: il suo sole illumina tutto e tutti!

Il giorno dopo piove e ci fermiamo: per fare bene il nostro viaggio cerchiamo di utilizzare tutto il tempo che abbiamo a disposizione. Al mattino, mentre sono alla ricerca di un punto per connettermi a Internet, in un ristorante italiano incontro Salvatore.

Ci racconta del suo viaggio lavorativo verso nord, deluso da una Puglia “sporca”, fatta di ricatti, parallela alla bella e splendente terra che conosciamo. E così, via verso il nord, come tanti, portando in dote una creatività che gli dona successo. Grazie Salva per il tuo aiuto e per la tua cucina deliziosa.

Al pomeriggio ci ritroviamo con Uli e facciamo un’intervista bellissima: ci racconta del suo lavoro legato alle barche, al fiume. Scopriamo un uomo ricco e complesso, pieno di passioni e di amore. Mi regala una bellissima lampada a petrolio, una meraviglia che mi riscalda ed illumina le mie idee (novello Diogene!) nel buio della notte su Clodia.

Poi il padre di Uli ci riaccompagna al marina, dall’altra parte del Meno.

Alle sei di pomeriggio arriva Holger, un giornalista di Hanau che aveva letto di noi su di un quotidiano locale e ci aveva contattati attraverso questo sito e via Facebook. Ci intervista, scatta qualche bella foto e inizia così un’ amicizia che, tra pochi giorni, lo vedrà salire a bordo di Clodia con noi per un tratto di navigazione sul Meno.

Siamo nel ristorante “Dionisos”, dove conosciamo Naki, un uomo greco di forza e simpatia innata, che non appena mi vede e sente ciò che facciamo ci offre un giro di bevute e poi un ouzo. I suoi bei disegni della antica nave di Odisseo, appesi alle pareti del ristorante, mi fanno ricordare che anche io sono un po’ Ulisse,senza Penelope però.

Insomma un Ulisse senza un luogo in cui dover necessariamente tornare. La sera poi mi arriva un messaggio: Uli ci invita tutti a cena, Ulisse e i suoi compagni!

La serata con lui è fantastica, ci porta il cibo di un suo amico palestinese. Ha una casa molto ma molto bella, enorme e piena di cose bizzarre (modellini di navi, di auto, vecchi poster, marchingegni improbabili), resa meravigliosa da un cane grande e dalla sua compagna, una donna alta e piena di forza e simpatia che subito ci conquista.

Veronique è istruttrice di varie discipline che richiedono molta energia tra cui, lo scopro ora, lo Zumba, una danza aerobica che mescola vari balli e movimenti e che fa bruciare 1.200 calorie all’ora (quasi come remare controcorrente!). Uli ci offre del vino italiano e dolcetti irresistibili, una iniezione di comfort delizioso. Grazie Uli e Veronique (che come se non bastasse ospiteranno anche Fine il giorno dopo in casa loro). A presto amici cari!

Il mattino altro dono degli dei, questa volta direttamente dall’Olimpo. Naki ci aveva invitati per il caffè mattutino. Arriviamo quasi puntuali e lui già ci aspetta, po’ assonnato. Ci racconta della sua vita, della sua passione per l’acqua, della moglie croata e della loro pensione vicino a Ragusa.

Dopo un caffè ed un frappe, arriva il fratello, Achille, e scopriamo che fa Jiu-Jitsu in una palestra vicina. Bruno è cintura marrone di Jiu-Jitsu brasiliano: come non proporre un incontro!

La palestra è bellissima e Achille e Bruno si incontrano e si avvinghiano. Bruno è fuori allenamento (da soli 8 anni) ma è di grado maggiore. Achille, super allenato e fortissimo, impara. Vederli lottare è bellissimo, si aggrediscono con amicizia. Metafora tridimensionale della guerra, fatta con amicizia. Eppure è vero!

Alla fine, ci regalano due belle giacche e una felpa.

Poi Naki ci regala del cibo greco delizioso. Olive, feta, pane con origano fatto da lui stesso. Acqua, greca! Un dono di Zeus e di Naki. ????????? ????.

C’è ancora il tempo per incontrare Michael, che costruisce meravigliose canoe, poi, purtroppo in velocità, si parte. A remi è una faticaccia oggi, col vento contrario e la corrente forte per le piogge. La valle del meno è sempre più bella, ricca di colline con vegetazione molto varia. Abeti, larici e vigne, molte vigne.

Siamo partiti tardi e facciamo parecchi chilometri. Arriviamo a Erlenbach am Main, e fa quasi buio: un’ansa, un ormeggio e via. Da una barca vicina, una donna si presenta con due birre e ci invita a cena a bordo della sua barca. Bianka, con suo marito Peter, è in viaggio verso Bamberg.

Ci mostra una bellissima maglietta del Che e ci offre dei ravioli. E birra, ovviamente, visto che siamo in Baviera. Nel frattempo, Peter ci suona la fisarmonica: si vive bene, stasera, come spessissimo ci capita sui fiumi. Al mattino gli chiedo se può suonare su Clodia, e la musica passa ai pesci e nell’acqua. Meraviglia! Come Mario Brunello prima della (prima) partenza.

Poi si parte. Vento contro, corrente che aumenta, vita dura ai remi. Ci alterniamo.

Il Meno-show si apre. Valli con vitigni appesi su falesie strapiombanti, castelli, chiese cipollute, borghi fortificati, boschi e grano, colori che al tramonto diventano quasi insostenibili, come la bellezza vera.

Il fiume è pulito, vive sempre di più, malgrado noi e le navi, soprattutto quelle da crociera che spostano masse d’acqua impressionanti che sradicano tutto, anche noi se non stiamo attenti.

Penso alla povera Venezia ed alla follia delle navi da crociera in bacino di San Marco e canale della Giudecca. È sotto, dove non si vede, che avviene il danno maggiore.

Salutiamo Peter e Bianka e ripartiamo verso Miltenberg, la perla del Meno, dove ci attende Anja, una giornalista. Vediamo ancora castelli, borghi fortificati, un cantiere con scalo di alaggio laterale, vigne sospese e verde, di tutti i toni. Arrivare a Miltenberg è un po’ come arrivare a Disneyland, solo che è vera.

Anja ci saluta dalla riva. Ci aiuta subito, dopo essere salita a bordo con Bruno, andando a prendere alla stazione Fine e il suo caro amico Tillmann, che è venuto a trovarla per festeggiare il suo compleanno (auguri Fine!!!) e sarà nostro ospite per qualche giorno. In serata Anja ci intervista e scatta alcune foto per il suo articolo.

Miltenberg è veramente bellissima, con case bavaresi decorate nella tipica struttura mista legno e mattoni, spesso con edifici della bella pietra rosa della zona. Passiamo una notte tranquilla, senza pioggia e la mattina dopo ci rifocilliamo con una grande colazione in compagnia di Anja e di Annette, sua amica.

Annette studia scienze alimentari (è una crudista convinta) e ci regala ogni ben di dio!

Ci portano a vedere la città ed il suo castello, raccontandoci di come quest’ultimo fosse in rovina fino al 2006.

Grazie ad un articolo scritto da Anja si sono potuti raccogliere i fondi per restaurarlo ed ora è un’attrazione che porta economia e cultura. A Miltenberg si trova anche il teatro più piccolo del mondo, una vera chicca. Less is more anche qui.

Lungo le strade della città, incontro anche un gruppo di giovani vogatori, che mi fanno mille domande sul nostro progetto e sui motivi che ci spingono verso Istanbul.

Io e Fine lasciamo Miltenberg a malincuore: Bruno ha già fatto vela verso Wertheim, dove giungiamo verso sera. In realtà dormiamo tre chilometri prima, in un porto dove ci ospitano gentilmente. Subito sopra c’è un Bier Garten (i famosi giardini della birra!) e lì andiamo a festeggiare con Holger, che ci ha raggiunto per salire a birdo. Bruno prende un birrozzo mica da ridere.

Arriviamo in città al mattino presto, sotto la pioggia e con un forte vento. Ormeggiamo e subito Günter, un omone gentile che avevamo conosciuto qualche giorno prima in una chiusa, mi offre un caffè e una colazione calda.

Werner, il capitano del porto, come spesso succede non fa pagare Clodia e mi offre pure la connessione wi-fi dalla sua casa, proprio di fronte al porto.

Piove, e il Meno si ingrossa: so già cosa mi aspetta. I fiumi sono fatti di acqua e tanta acqua deve scendere a valle mentre noi andiamo su. Capite? Ma ho voluto la barca?? E allora rema, mi dico sempre.

Arriva un giorno un po’ triste, per Fine e per me, e per tutti noi di Man on the River. Un grande Man ci lascia (seppur temporaneamente, almeno speriamo). Bruno deve tornare in Brasile ad occuparsi delle sue barche, già troppo trascurate per aiutare me ed il progetto.

Mi ha dato una immensa quantità di aiuto, passione, consigli e ha bevuto una immensa quantità di birra (scherzo!!). Lo saluto prima di scoppiare a piangere mentre lo lascio alla stazione. Se non fosse stato per Bruno, e per Fine, quest’anno non sarei partito.

I medici mi avevano dato un parere molto eloquente, ma Bruno ama il rischio, con saggezza ed allegria.

Sempre col sorriso sulle labbra, anche nei momenti più difficili, sempre presente e calmo. San Bruno, io lo chiamo, gia dal primo progetto insieme nel 2006.

Muito obrigado Bruno, grande amico mio.

Paolo Muran, il regista del documentario, arriva accompagnato dal figlio Massimo, giusto in tempo per salutare Bruno mentre anche il cielo piange goccioloni. Il viaggio deve continuare e il treno deve partire:  il giorno dopo molliamo gli ormeggi senza Bruno e Fine, che ha un paio di controlli medici da effettuare (Tillmann riparte con lei).

Altro equipaggio, ma stesso umore. Meno esperienza nautica ma più spaghetti e caffè, senza contare che tra poco ci raggiungerà un nuovo compagno, Enrico, un italo-scozzese che sta andando in bici verso l’Ucraina, da Glasgow: “Se no i xe mati no li volemo”, si dice a Venezia.

E il viaggio continua.

A felicidade è como a gota
De orvalho numa petala de flor
Brilha tranquila
Depois de leve oscila
E cai como uma lagrima de amor

La felicità è come la goccia
Di rugiada sul petalo di un fiore
Brilla tranquilla
Dopo oscilla lievemente
E cade come una lacrima d’amore

Vinicius de Moraes

 

NientepopodiMeno – Da Frankfurt ad Aschaffenburg

“Genau”! Certo, corretto. Questa è la parola che più sento ripetere.

Genau: il Meno è molto bello, l’acqua sempre più pulita, alcune spiagge di sabbia rossa e rosa, la corrente quasi mai troppo forte, ma sempre questi argini di pietra che hanno ucciso il vero fiume, sulle sponde.

Malgrado questa violenza dell’uomo, troviamo tanta vita, anatre enormi, cigni che nobilitano con la loro bellezza altera ogni pozza d’acqua del pianeta. Figuriamoci qui, dove i paesaggi sembrano dipinti da Altdorfer o dai primitivi tedeschi.

La partenza da Francoforte è stata come vivere una vita in un giorno!

Al mattino in un caffè incontro Kay, un signore interessante che vedendo cadere il telefono dalla mia tasca mi dice: Non va mai in vacanza. Io dico “Cosa?” “La forza di gravità” mi risponde lui e così inizia una delle conversazioni più interessanti della mia vita

Sui massimi e minimi sistemi, sull’alimentazione. Kay è un uomo molto in forma dalla età imprecisata. Potrebbe avere 50 come 1000 anni. Il suo sguardo è duro, da persona che ha sofferto nella vita, ma appena si schiude il suo sorriso diventa un bambino pieno di entusiasmo. Mi racconta della sua vita e di come da ebanista, falegname restauratore è diventato negli ultimi 15 anni cuoco macrobiotico. Mi racconta come la alimentazione, la medicina cinese, che è cibo e cura delle proprie abitudini, abbia cambiato il suo modo di vivere. E si offre di insegnarmi qualcosa, come un regalo.

Io lo seguo e sulla panchina di un piccolo giardino mi scrive molte cose che metterò in pratica e che mi cambieranno.

Vi dirò presto: per il momento finisco quel poco cibo che ancora tengo nella scarna cambusa di Clodia.

Partiamo quindi con tre ore di ritardo e con Fine un po’ incazzata, a ragione.

La città dall’acqua è splendida e c’è molta gente, è domenica. Il primo incontro dopo pochi km è fulminante! Mi volto per controllare l’altezza dell’ennesimo ponte (vi ricordate l’albero) e vedo…

No, non è possibile, mi giro di nuovo e ridico: No!!! Ma allora è stato tutto un sogno, non sono mai partito da Venezia… Perché quello che mi viene incontro è un Sandolo (tipica imbarcazione veneziana, che si voga in piedi, guardando in avanti)! Non sto sognando è un Sandolo a Francoforte.

Mi fermo, fotografo e parlo, chiaro che parlo. Non ci posso credere! Sono due vogatori, lui e lei che appartengono ad una società di voga alla veneta di Francoforte. Purtroppo ho perso il loro indirizzo, ma cercherò di ricontattarli al più presto.

Neanche 100 metri più in là, sulla destra del Meno, in mezzo ad un tripudio di folla vedo una barca strana e un nome sopra che dice tutto: “Istanbul”.

Vedo che c’è un banco anche per chi arriva dal fiume e felice attracco. Dico all’indaffarato oste-capitano Guess where we are going? E lui: “Mah”. Poi potete immaginare: ci offre tre limonate con la ricetta della nonna e io gli regalo una maglietta.

Mi dice che è l’unica barca in Germania che effettua, come sul Bosforo e nel Corno d’Oro, servizio bar dalla barca. Te?ekkür Ederim, grazie tante.

Quando ripartiamo faccio fatica a muovermi, non solo per la corrente contraria che qui si fa sentire, ma sopratutto perché tutti mi fermano per sapere e per complimentarsi. Ich liebe Deutschland.

Poi si va! Il paesaggio industriale lascia spazio alla natura e finalmente un po’ di vento si alza per aiutarmi, ma poi cessa. Abbiamo appuntamento ad Hanau il mattino dopo, 21 km da Francoforte, con una giornalista del mensile Segel e con la troupe di RTL, una nota tv tedesca internazionale. Dubitiamo di potercela fare essendo partiti così tardi.

Manco a dirlo dopo la prima chiusa inizia  a piovere. Vedo una bella barca con la vela e il suo capitano, Johannes, vede me che remo ormai bagnaticcio. Si avvicina e mi offre un traino, il primo traino offerto!

Anche se mi dice che saranno solo 500 metri, non posso rifiutare, così lego Clodia e arriviamo, sotto il diluvio, fino al Segel Club Undine. Johannes, gentilissimo, ci offre una birra e così ci fermiamo per un pò sotto una tettoia. Manco mal.

Ripartiamo sotto la pioggia battente: Fine e Bruno macinano km. Alle 10, increduli arriviamo ad Hanau, sotto un cielo minaccioso. La pioggia se ne va giusto per il tempo del nostro pasto in un ristorantino vietnamita che serve cibo cinese (cosa non si fa per un po di calore!). Quando usciamo, alle 11:30, piove a dirotto. Trascorro una notte umida nella “2 seconds tent” lasciatami in prestito da Jacopo (ciao Jacopo, mi manchi!!!) ma dormo un sonno profondissimo.

Al mattino, miracolo, c’è un caldo sole: le ossa si asciugano, così come tutto ciò che era fradicio la notte prima. Alle 10 arriva Britta, la giornalista di Segel, che è molto bella. Bruno va a prendere lei e Fine sull’altra sponda del Meno e passiamo una bella mattinata. Britta è una velista, abituata al Mar Baltico. Sono sicuro che è una vichinga anche lei… Giusto il tempo di salutarla e arriva la troppe di RTL, puntualissimi e super professionali.

Salgono a bordo per una bella veleggiata con pochissimo vento e Clodia si deve sobbarcare 5 persone… Daniel il regista intervistatore, il cameraman, il tecnico del suono e noi: in un’ora è tutto fatto e ne esce uno splendido servizio che potete vedere qui.

Riartiamo diretti ad Aschaffenburg con vento contrario e una forte corrente (la pioggia ha ingrossato il Meno, che stiamo risalendo): tanta fatica. Non possiamo farcela in un giorno, quindi ci fermiamo a Kahl am Main presso la Marina Lässig.

Neanche il tempo di ormeggiare (dopo esserci incagliati nel canale sbagliato) e arriva una copia di Eddie Vedder, il leggendario cantante dei Pearl Jam. Un grosso pick up, un sorriso aperto e generoso e modi di chi sa cosa fare: è Jörn Lassig.

Dice in Inglese: “Is it real?? London to Istanbul”. “Yes, of course!” e nasce una immediata simpatia che ci regalerà una delle più belle esperienze del nostro viaggio. Jörn, figlio del proprietario del camping e del Marina, ha da qualche anno avviato una officina che ripara motori e barche ed effettua soccorso fluviale.

Ci porta nella sua meravigliosa ed attrezzatissima officina e ci regala vari pezzi per il provvisorio (in attesa da vari mesi del motore elettrico promessoci da una nota azienda) motorino di Serena, la nostra barca per i cameraman che sta conducendo Fine.


Ci regala!! Non vuole saperne di essere pagato!! Fantastico Jörn! Lo invitiamo a bordo per una birra e verso le 9, indaffarato com’è, riesce a venire con Silvia, la sua deliziosa moglie. Bella serata e tutti siamo immersi in una serie di sensazioni positive: condividiamo molte cose. Ci invitano al mattino dopo per colazione e approfittiamo per fare a Jörn e Silvia un’intervista.

Grazie amici, ci avete regalato una breve, grande amicizia che ci ha riempito il cuore. A presto!

Ripartiamo e Fine torna a Francoforte in treno per un problema con il suo laptop. Noi, a fatica, contro vento forte e corrente decisa, andiamo verso Aschaffenburg.

Paesaggi che incominciano a diventare collinari, vini del Meno, luce stupenda e fatica.

Arriviamo tardi ad Aschaffenburg, dominata dal suo castello a quattro torri, borgo medievale di rara bellezza. Qui troviamo tanti vogatori, bambini assatanati su canoe bellissime che mi superano come se niente fosse: tanta vita sul fiume, rocce e ville bellissime.

Doveva essere un posto molto ricco.

Nel canale parallelo e protetto ci sono tutti i Marina, dopo venti e passa kilometri finalmente ci siamo. Mentre sto remando incantato da tutti che mi guardano, sorridono e salutano, vedo due ragazzine che si sbracciano e mi chiamano.

Vado verso loro e mi chiedono se possono salire a bordo con me. Sotto lo sguardo preoccupato di un loro amico, Steve, le porto per un breve tratto a bordo di Clodia. Sono timide e una delle due è Turca, viene da Istanbul. Spero di avere dato loro un piccolo momento di gioia e un seme di qualcosa di diverso. Il loro sorriso e la loro emozione mi regalano molto di più.

Al marina Aschaffenburg ci viene incontro un uomo dallo sguardo simpatico e manco a dirlo, lo sentivo, incontriamo un altro dei nostri ormai famosi angeli. Il suo nome è Uli Becker.

Di questo e di molto altro ancora, di sole e pioggia, di falesie di rocce rosa, di porti mancati e di amici trovati, di fisarmoniche su Clodia e birre inaspettate, di castelli salvati da giornaliste dal cuore grande e di acque magiche vi racconterò nella prossima puntata.

Di un viaggio fantastico. Gute Reisen!

 

L’oro del Reno – Da Strasburgo a Francoforte

Cari amici, siamo ormai in Germania da quasi 10 giorni. Abbiamo fatto una sosta lunga a causa di varie incombenze: io per le solite visite mediche mentre Fine e Bruno per visitare la madre di Fine vicino ad Hannover.

Vorrei innanzitutto ringraziare Norbert e Lukas, che ci hanno ospitato ed aiutato nel Cercle Nautique de l’Alsace du Nord per tutti quei giorni senza farci pagare nulla e addirittura venendoci a prendere in stazione! Sentiti ringraziamenti anche a Pierre, l’autista di Seltz che mi ha dato gratuitamente e di sua spontanea volontà un passaggio fino a Beinheim, dove sarei arrivato dopo due ore a piedi e carico di pesi.

Il Reno, dopo la seconda chiusa di Sandbach, inizia ad essere potente. La corrente aumenta molto e raggiunge i 6-7 km orari, a tratti 8. La scia lasciata dalle boe è eloquente.

La navigazione procede tranquilla, sempre a remi con qualche raro tratto di bolina, percorrendo 61 km fino a Speyer, dove abbiamo il piacere di reincontrare Sandro e sua sorella Sara, di ritorno da Amsterdam. Ci fermiamo in un Marina molto moderno ed efficiente, anche se circondato da una urbanizzazione un po’ alienante.

Il Reno qui è maestoso anche se continua la evidente sensazione di un fiume ucciso ai fini della navigazione. I meandri che su Google Earth e su qualsiasi mappa sono ancora visibili, sono ormai separati dal corso principale. Alcuni club di canoa, canottaggio e vela vi si sono insediati, e mantengono vive queste bellissime oasi naturali. Ma l’acqua del grande fiume non vi scorre più libera.

Visitate il sito della CIRF per comprendere le differenze tra un fiume vero ed uno canalizzato.

Le grandi navi vanno veloci e le onde a volte sono fastidiose, ma mai sinora ci siamo trovati in pericolo. A volte mi metto volutamente sulla loro rotta e loro o modificano la loro (se hanno acqua a sufficienza), o rallentano (alcune rare volte), o avvisano con una sirena che apre la mente all’istante. Ubi maior minor cessat.

A Speyer passiamo una serata di festa con Sandro e Sara, concedendoci una divagazione culinaria in un ristorante che si chiama “Porto Vecchio Veneziano”. Siamo talmente stanchi ed affamati dopo i tanti chilometri sotto il sole a picco, che per una volta ancora cediamo alle lusinghe della società dei consumi.

E consumiamo, con parsimonia, ma consumiamo, e paghiamo ovviamente. Al mattino presto visito la città di Speyer che è molto bella con una grande cattedrale (“Kaiserdom”) protetta come Patrimonio dell’Umanità Unesco, e che ospita le tombe di otto re di Germania, quattro dei quali anche Imperatori del Sacro Romano Impero.

Visito poi un monastero del 1228 con una lapide che ricorda Edith Stein, religiosa e filosofa morta ad Auschwitz nel 1942. Trovo anche un monumento a tale Jakob, un pellegrino del 1300 che a piedi nudi credo si recasse a Santiago di Compostela: si vede che viaggiava leggero. Bravo lui! Less is more.

Ripartiamo al mattino e via, prima a remi e poi a vela verso Mainz.

La giornata è molto variabile: pioviggina, poi esce il sole, poi si alza un vento sui 10 nodi e con raffiche anche maggiori, che all’inizio è contrario, poi favorevole, poi contrario, poi favorevole. I paesaggi sono sempre i medesimi, grandi foreste, rari paesi, a volte grandi porti industriali, o meglio banchine.

A Speyer visitiamo l’ente preposto alle licenze per le barche e con precisione ed efficienza tutto viene regolato in pochi minuti. Dobbiamo solo passare a Mannheim per ritirare la licenza di Serena, la barca sulla quale naviga Fine, che serve per le riprese del documentario che stiamo preparando.

Mannheim è grande, dal fiume. Nel 1868, tra l’altro, qui si creò la convenzione di navigazione sul Reno che ancora oggi vale.

La ripartenza è gloriosa: Bruno alza le vele e sotto le ciminiere fumanti della BASF, supera navi e barchette varie, per una cavalcata che, salvo brevi tratti a remi, si concluderà tutta a favore di vento a Gernsheim, dove ormeggiamo in un piccola Marina sotto le gru silenziose di un porto industriale

Passiamo la sera davanti ad una bella birra, sotto una serie di platani ad ombrello che sanno tanto di Francia, con i gol della Svezia agli Stati Uniti (ci sono i mondiali di calcio femminile qui in Germania) di sottofondo.

Lo spettacolo principale è un bel tramonto rosso sul Reno che scorre potente, mentre un traghetto ogni tanto unisce le due sponde.

Quanto amo i ferry boat rispetto ai ponti, sopratutto quelli stupidi e bassi che fanno rompere gli alberi delle barche (in particolare se condotte da stupidi nocchieri..).

La natura non prevede ponti se non naturali, e poi bloccano tante cose. Uniscono un po’ e dividono molto. Ma per noi umani sono importanti.

Il giorno dopo, il 4° di navigazione sul Reno, ci porterà a Mainz dopo 36 km. Magonza è una bellissima città, sede vescovile, e molto, molto importante nella storia, a 202 km da Strasburgo.

Sole, poco vento, poi remi e molto vento contrario in vista di Mainz. Per fortuna sulla carta avevo visto qualcosa che ci ricordava un Marina, in un canale secondario e parallelo del Reno. Passo da una navigazione molto scomoda con onda corta che mi ferma quasi ad un canale dolce e pieno di vita, con anitre grosse, oche, cigni e casette sull’acqua e tante barchette.

Ormeggiamo in una selva di alberi (di barche), cosa inusuale per noi sui fiumi, e troviamo una sorpresa meravigliosa. Il marina, apparentemente deserto, è la sede nautica del MSC (Mainz Segel Club). Dopo qualche ricerca tra le barche incontriamo un signore gentile che ci ospita a bordo, ci offre tre birre e ci regala un bel catalogo di articoli nautici.

Poi arriva Harald, il commodoro del club, che venuto a sapere del nostro viaggio: detto fatto, ci invita alla riunione mensile del club per raccontarci.

Io dormo un po’, poi piove e poi smette: l’incontro è fissato per le 20. Il club ha sede in una vecchia fortezza di pietra rosa dei Vosgi, datata 1843, in un bosco meraviglioso, contornato da impianti industriali. Un bosco pieno di barche, luogo pieno di fascino.

I soci mi accolgono con calore ed uno di loro parla italiano, avendo lavorato molto tra Marghera, Napoli e Milano. Si respira amore per le barche e rispetto, tutto funziona bene e le persone sono gentili. Si può mangiare con poca spesa e passare alcuni momenti di pace nel verde. Una bella storia.

La serata si svolge con consueta riunione e, cosa strana, invece che applaudire le persone battono le nocche sui tavoli. Josephine ci introduce e con il suo splendido tedesco di Hannover racconta il nostro viaggio. Io aggiungo qualcosa e Bruno, come sempre, nella sua bella modestia si defila e scatta alcune foto.

Le persone mi sembrano molto commosse e colpite e alcuni di loro poi vengono a complimentarsi con noi, con gli occhi che brillano. Sono felice di condividere tali emozioni, e piantare semi semplici, naturali, autoctoni, nelle persone. È per questo che faccio questo viaggio. Che lo facciamo. Ci congediamo con calore da tutti i soci e andiamo a dormire.

La notte è molto piovosa e sotto la tenda dormo come un ghiro. Il mattino dopo è molto ventoso, ma almeno la pioggia è sparita. Un signore, Winfried, che ci aveva incontrati la sera prima, viene per avvisarci che il museo dove sono custodite alcune navi romane (non siamo i primi ad arrivare qui a remi e vela) ritrovate nel Reno, è chiuso fino a settembre.

Sono emozionato, arriva il Meno. Due km ancora nel Reno e poi viro a dritta, isso subito la vela ed inizia una cavalcata di 35 km tutti a vela (tranne forse due km controvento per un meandro). Solo le tre chiuse (passate senza problemi) ci fermano. Una addirittura ha la chiusa piccola per le barche piccole. Che lusso!

L’arrivo a Francoforte è quanto di più meraviglioso potessi immaginare. Si arriva a vela e sono molte le barche a vela! È uno stupore per tutti noi! I club si alternano e si tirano bordi tra le grandi navi che passano e le navi passeggeri.

Filo veloce col vento in poppa, viro e risalgo di bolina per chiedere informazioni ad un bel Sailing Club. Decidiamo di risalire ancora verso il centro ed il Westhafen: lo passiamo e poi ritorniamo prima a remi e poi di bolina contro un vento a tratti intenso.

La parte di città nella quale siamo è molto moderna, con un marina integrato in una urbanizzazione che recupera le vecchie aree portuali. Tecnologia e rispetto, una architettura forte ma umana: interessante connubio. Il Sailing Club che ci ospita è molto bello.

 

Oggi andremo a fare delle riprese con i ragazzi che veleggiano nel fiume. E pensare che sul Po andare a vela è considerato da pazzi!! Vero Andrea, mentore del Po? Vero Giorgio Mussi, con il suo “proa” a vela mi trainò sul Ticino nel lontano 2008, nel corso della risalita del Po? Continuate così ragazzi.

Qui non sono pazzi e ci sono 10 Sailing Club a Francoforte. Ed il Meno è più piccolo del Po.

Forse i pazzi siamo noi.

Un abbraccio e buon vento.


 

Europa! – Da Vendenheim a Strasburgo


Ci eravamo interrotti a Vendenheim con Henri Bronner, il sindaco. I doni da parte sua non finiscono: il giorno successivo ci invita a pranzo. Qui sono tutti gentilissimi e ci vogliono bene, come lungo tutto il nostro percorso finora.

Davvero! Anche perché sanno che siamo di passaggio, ed essere leggeri aiuta molto nella vita. Il peso del rapporto continuo, delle cose fisse da proteggere, rende forse meno disponibili e ci invita a richiuderci in noi stessi e nei nostri piccoli comfort.

La scomodità del viaggiare ci rende necessariamente aperti al mondo, e gli altri non fanno che riflettere su di noi il nostro stesso essere e sentire.

Questione di risonanze… acquatiche, come sostiene Masaru Emoto, controverso studioso giapponese, ritenuto un guru da molti ed un ciarlatano dalla maggior parte degli scienziati.

Io devo dire che condivido per esperienza diretta molte delle cose che dice e che rivela. La metafisica della vita è molto più fisica di quello che pensiamo.

Dormiamo sonni profondi ormeggiati a fianco di Rataka, la barca-casa di Remy e Nadash. Alle 6 scendo quatto quatto e cerco il pane ed i croissant per Fine, Bruno e me, trovando una bella boulangerie nel centro di Vendenheim. A mezzogiorno il sindaco ci invita a pranzo con moglie e nuora (il figlio lavora a Boulogne sur Mer, come addetto alla sorveglianza della Manica).

La cucina alsaziana è ricca e gustosa e non mi dilungo a descrivervi i piatti. Faccio prima a mangiarli, poi vi dico… Il mio piatto assomiglia un po’ al brasato al Barolo, con carni e ricchissime salse francesi. Fine e Bruno si dedicano a crauti e patate, con salsicciotti, würstel e carne di maiale cotta benissimo e buona da morire.

Cerco di essere più vegetariano che posso ma qui è molto difficile.

Alla sera siamo ancora invitati ad una festa del personale del comune, dove ci attendono altre mangiate potenti, con tanta carne e dolci da delirio, fatti in casa. La simpatia di tutti ci avvolge calorosamente. Henri, da vero gentiluomo, ci introduce a tutti pubblicamente e riceviamo molti applausi per il nostro viaggio.

Nel frattempo ci ha raggiunto un gradito ospite, Karl (detto Kalle) il papà di Fine, appena arrivato dai pressi di Hannover per passare con noi alcuni giorni.

Kalle, forte e simpatico, fa un lavoro bellissimo: si occupa di landscape art e costruisce bellissimi e poetici recinti, staccionate e molte altre cose con salici e tutti i materiali che la natura gli offre. Alla fine della serata passeggiamo verso Vendenheim, in mezzo a campi di mais e ciliegi immensi.

Il mattino dopo posiamo per qualche foto scattata da giornalisti locali con Henri a bordo di Clodia; poi, dopo un breve saluto a Nadash, ripartiamo verso Strasburgo. Si rema di nuovo!

Una canicola mediterranea avvolge la pianura e sarà questo, sarà la conversazione sui massimi sistemi con Kalle, a bordo con me, sarà per i saluti calorosi di alcuni pescatori, che all’ultimo ponte prima di Strasburgo, dopo averne passati più o meno 700, sento uno strano rallentamento di Clodia, e poi un sinistro craaaaackkkkk…

Mi giro e vedo Kalle piegato e con gli occhi sgranati che regge in mano, sopra la sua testa, l’albero di maestra, che sta cadendo verso me. Putt.. mi dico, e mi maledico: non ci posso credere. Io che propugno l’attenzione continua mi sono distratto proprio all’ultimo e ora penso già ai danni da riparare.

Per fortuna il trasto di Clodia e il bloccaggio dell’albero è stato sapientemente costruito da Roland in modo da rompersi subito, senza fare danni maggiori alla struttura o peggio allo scafo, in caso di urto contro un ponte.

Tutto ha funzionato ma inaspettatamente la base dell’albero ha sfondato la paratia stagna di prua, che da riparare sarà un po’ più difficile. L’albero è intatto. “Manco mal”… come si dice a Venexia. “Me misero, me tapino!!” diceva qualcuno nei fumetti. Io uguaglio.

Archiviato il dispiacere ripartiamo mogi mogi e la natura ci addolcisce la mattinata con un ciliegio secolare sul quale Bruno si arrampica come una scimmia; io lo raggiungo un po’ meno agile e mi consolo con le ciliegie nere più dolci di tutto il viaggio.

Siamo ormai alle porte di Strasburgo e l’ultima chiusa, la 51, segna il congedo dai canali francesi: le chiuse sono state in totale 252 (più altre 20 sul Tamigi). Passate una per una sono veramente tante: ne abbiamo ancora un centinaio fino ad Istanbul, forse meno.

A Strasburgo entriamo verso le due di una domenica afosa e caldissima, sopra i 33 gradi. Passiamo remando davanti alla opulenza tecnologica del Parlamento Europeo e mi vengono pensieri controversi e tristi sui nostri europarlamentari da 35.000 euro al mese, mentre milioni di persone (che magari hanno competenze molto maggiori di loro) lottano con stipendi a tre cifre. I politici efficienti esistono, sia ben chiaro, ma sono rari mi sembra. Chissà perché?

Mi faceva quasi vergognare di essere italiano, vedere che il sindaco Bronner (stipendio 1.300 euro al mese!) corre a destra e sinistra come un matto, anche sabato e domenica, e sempre con il sorriso e la disponibilità nei confronti di tutti. Ci fermiamo per uno spuntino in un chioschetto di un signore gentilissimo che si rivela armeno-russo e che, non appena scopre che io sono italiano, ci piazza ad alto volume, una compilation di successi anni 60-70-80 sui quali impera sovrano Adriano Celentano.

Se non fosse per qualche dettaglio potrei essere lungo il Ticino. Anche l’acqua, verde e trasparente con molti pesci, ricorda quella bella acqua che ancora mi ricordo quando ci arrivai controcorrente dopo 400 km di Po biondo al cappuccino. L’acqua è pulita, il vento si è alzato ed è favorevole: si riparte e Kalle è ancora con me. Troviamo finalmente ponti alti e le navi passeggeri che sono enormi ci fanno capire che siamo a poche centinaia di metri dal Reno.

Il porto di Strasburgo è vasto, e non sappiamo ancora che troveremo porti ben più grandi. Bruno e Fine ormeggiano Serena all’ombra di grandi platani sul lungo canale, in un marina, mentre io proseguo alla ricerca di un posto più silenzioso, quando vedo una donna in lontananza sbracciarsi a bordo di una Peniche.

Mi avvicino e vedo che mi mostra una copia del DNA (Derniere Nouvelles Alsaciennes) con l’articolo uscito in mattinata che parla di noi, con una bella foto di Clodia. La barca si chiama Labor, è molto grande, 55 x 6 m e Anne, bella e sorridente, mi invita con gentilezza bordo per un caffè. Che bello, sono felice e ormeggio. Per salire a bordo devo arrampicarmi per almeno 3 metri, altre dimensioni rispetto alle Peniche dei canali.

A bordo scopro una casa bellissima e Toni, il compagno di Anne che mi da’ il benvenuto. Un bel caffè, al quale sto rinunciando da molto, e il tempo di raccontarci brevemente le nostre storie. Anne e Toni si occupano di cultura e la loro Peniche è un atelier immenso. Sono pieni di iniziative e tutte sull’acqua, tra le quali un festival di imbarcazioni nel 2010 e un mercatino di Natale sull’acqua per il quale vengono da tutto il mondo.

La comunità di “liveaboard” è molto nutrita e subito mi accolgono tra loro. Il porticciolo è bello e protetto, situato vicino alla cittadella. Ci verrà offerto come al solito un trattamento molto generoso e Clodia non pagherà nulla per le due notti di ormeggio. Un’altra bella donna, Helene, mi accoglie e mi invita a cena dopo essere stata a bordo di Serena dove Josephine, Kalle e Bruno si eclissano di buon’ora.

Helene, che disegna costumi per il teatro, è una donna affascinante che vive a bordo da sei anni e ha purtroppo subito l’affondamento per motivi ancora sconosciuti della sua bella barca in acciaio del 1908.

La sua vita è stata dura ed ora le beghe con l’assicurazione la fanno soffrire. Tra chi vive a bordo non tutto è rose e fiori. Una bella doccia (quanto si apprezzano…) e poi a letto anch’io, sotto le stelle dato che non minaccia pioggia.

Al mattino mi sveglio con due occhi neri che mi fissano da vicino. Un collo lungo lungo: un cigno curioso mi guarda. Poi vede che forse c’è di meglio da mangiare e sparisce.

La giornata sarà come al solito densa: varie interviste e riparazioni per Clodia. Bruno ha già fatto ieri il grosso ma ancora resta la paratia.

Ci servono resina ed altre cose, senza dimenticare il cibo. Viaggio nel calore inusuale, spossante, anche perché c’è traffico ed il rumore aumenta il disagio. Risolviamo tutto e poi, boccheggianti, ci ritroviamo al porticciolo.

Cerco di dormire un po’ all’ombra di una barca ma esce una signora che mi racconta la sua bella storia, a bordo della Nave di Vetro che appartiene ad Alexander, maestro vetraio. Belle queste vicende di persone che a qualsiasi età ricominciano una vita. Alexander per esempio faceva il camionista, ma a 50 anni ha cambiato vita.

Adesso che ci penso anch’io ho fatto così. E che dura, e che bella vita mi son trovato. Qualcuno disse che la via per la miseria è facilissima, e non mi riferisco al denaro solamente. Per avere qualcosa in più bisogna fare un pò di più. Un bel po’ di più. Non dormo ma imparo, ed è meglio. Avrò tempo per dormire.

Alle 5,30 abbiamo appuntamento con Madame Buchmann, vi ricordate, che si occupa di ecologia, e siamo invitati per l’intervista al consiglio comunale di Strasburgo. Entriamo con Bruno dopo una bella passeggiata lungo il fiume e veniamo accolti da un signore elegante e che ci dice “Ma siete voi i rematori?”. “Si, siamo noi” e ci porta nell’ufficio di Mme Buchmann. Scopriamo che lei stessa aveva raccontato del nostro viaggio come esempio nel precedente consiglio comunale. Che onore!

Il caldo è opprimente anche all’interno e la nostra giornata “politica” si rivela nella sua faccia stanca, ma ancora piena di energia e di passione. L’intervista è interessante ed intensa: scopriamo le politiche ambientali di Strasburgo. Mi sembra davvero che sia una brava e appassionata amministratrice. Venite a Strasburgo a controllare.

Torniamo da Anne e Toni per un’altra intervista e poi ci prendiamo un ora di relax visitando Strasburgo. Canali, edifici nella classica struttura mista legno e muratura, natura e arte convivono nella piccola come nella grande scala. La guglia della cattedrale è veramente imponente, gotico flamboiant da mozzare il fiato. Un po’ presuntuoso ma impressionante.

Torniamo a casa, cioè in barca, per dormire. All’indomani si parte per il Reno, un nuovo capitolo si apre. Un vero grande fiume, dopo il Tamigi e la Mosella.

Siamo eccitati e felici, domani festeggeremo i primi 1000 km, e sono 1000 km di gioia e fatica, incontri e doni, ma soprattutto di acque in mezzo all’Europa. Le vene e le arterie di questo grande continente. E noi ci siamo dentro, sopra, cercando di non fare danni e di imparare.

A presto amici.

 

Meine Liebe France – Da Saverne a Salbach

”Ich liebe Deutschland! Finalmente!”

Lo dico mentre stiamo ormeggiando in un bel marina dopo quasi 50 km sul Reno.

“Ici c’est la France Monsieur! Ma c’est pas grave, nous somme Alsaciens!” (Siamo in Francia, Signore! Ma non è grave, siamo Alsaziani!”) mi rispondono i cortesi addetti del porto.

L’Alsazia era iniziata nei Vosgi: lingua, architettura, sapori erano decisamente cambiati ma qui, che credevo di essere in Germania davvero, ancora siamo in Francia.

E dire che abbiamo pure issato la bandiera di cortesia tedesca. Che figura!!

Questa è l’Europa e sempre più mi convinco che i confini sono stati tirati sulle carte da pazzi o dopo un bicchiere di troppo.

In ogni modo siamo qui, sul Reno, in un piccolo paesino dal nome tedesco ma che per la cronaca e per i politici è in Francia.

Ma i cittadini lo sanno? Esiste il territorio, la cultura, il dialetto, ma i confini… Chi li ha inventati?

La nostra avventura sil Reno inizia alla grande. Tutti ci terrorizzavano, come sempre. Onde, correnti da togliere il pelo ai castori controcorrente, navi gigantesche che non rispettano nessuno, chiuse megalitiche mangiatrici di uomini e barchette, polizia che ci avrebbe arrestato e rinchiuso per anni. Un vero inferno fluviale!

Ma ci abbiamo navigato e ora qualcosa vi possiamo dire.

Le onde sono per il momento piccole, il vento è contrario ma debole, le navi sono sì grandi e abbastanza veloci, sui 20 km/h, ma sono molto attente a noi come noi lo siamo a loro.

E le scie che pensavamo tremende, non sono poi tanto male.

Molto ma molto peggio a Venezia, in canale della Giudecca e bacino di San Marco con tutti i cafoni motorizzati che girano senza nessun ritegno. Qui chi naviga sa il fatto suo.

A malapena c’è qualche “bambinone” che con il  suo bel motoscafo portato a manetta, si avvicina per salutarci e ci fa ballare un po’.

Ah, magari quella volta loro madre avesse avuto il mal di testa… Ma così va il mondo e magari cambieranno un giorno, gli imbecilli.

Le chiuse sono  perfette: nella prima, di 270 mt per 20, siamo soli con un motoscafino, mentre nella seconda (stessa misura), entriamo con 4 navi, la più piccola delle quali è lunga 60 metri.

Siamo come un topolino in una festa danzante di elefanti. Ma sono elefanti che sanno danzare.

Tutto si svolge con calma e precisione. In un mondo di marinai professionisti tutto è più facile. Solo all’uscita le loro eliche enormi generano un movimento d’acqua un tantino esagerato. Ma non abbiamo nessun problema, anche grazie a Bruno che sa il fatto suo.

La polizia fluviale poi… Bella questa. La vediamo arrivare a tutta birra (si fa per dire..) verso di noi e ci diciamo: eccoci, prepariamo le nostre robe pronti alla galera… Invece si fermano per non fare onda, e ci sorridono, salutandoci. Scattano pure delle foto: grandi!!!

Poi è vela, bordi, remi leggeri, sole, bagni nell’acqua verde e trasparente, una complice corrente a favore e tanti uccelli e pesci. Sullo sfondo c’è la foresta nera. Un sogno!

Ma c’è un triste “ma”. Il fiume per diventare così navigabile è stato completamente modificato. Il suo alveo naturale scavato, il suo corso canalizzato. I bei meandri che lo caratterizzavano sono stati “tagliati”. Vi rimando a questo testo del CIRF (con cui stiamo avviando una collaborazione) che spiega bene come è fatto un fiume vero e come l’uomo riesce a distruggere in pochi anni ciò che la natura ha fatto in millenni.

Ora non sarebbe tempo di tornare a lavorare con la natura e non contro la natura? Il nostro viaggio si propone questo fine, riportare una misura veramente “umana” nel modo di viaggiare. La velocità è una bufala: mi sembra evidente quanto essa sia sopravvalutata e spesso anche dannosa.

Ma ricapitoliamo le tappe precedenti.

La nostra navigazione si era interrotta per due giorni a Saverne, splendida città, dove eravamo stati invitati a mangiare una pizza da Volker e Ilka, due simpatici tedeschi che hanno la loro casa-barca di vacanze nella bella capitale dei Vosgi. La pizza, ve lo dico subito, era stupenda, come la loro ospitalità a bordo di Grønland, un Tijalk (barca a fondo piatto) olandese, restaurato interamente con le loro manine.

Grazie amici, spero che il vento vi accompagni gentile e propizio nelle vostre vite!

Bruno il giorno dopo fa felice Volker facendolo veleggiare nel bacino prospiciente il bellissimo palazzo settecentesco, Chateau of Saverne, che per la sua maestosità ha guadagnato il titolo di “Versailles d’Alsazia”.

Tutti a bocca aperta a fotografare Clodia e i due nostri skipper con due cani felici a bordo. Da Saverne si riparte, sotto pioggia, sole e nuvole veloci: navighiamo a ritmo alterno.

C’è spazio per delle veleggiate galattiche di Bruno e Fine (quando io sono a bordo il vento sparisce, chissà perché??) e dopo 18 km arriviamo a Hochfelden.

Per raggiungere la città bisogna attraversare 4 corsi d’acqua in 1 km: credo che sia un record mondiale! Sono esattamente: il canale dalla Marna al Reno, le Lohengraben, le Altbachgraben e la Zorn. In città scopriamo che scorre un quinto fiume, di birra in quanto qui si trova dal 1641 la Birreria Meteor.

Cerchiamo una Brasserie ma cediamo davanti ad una pizzeria…

Il paese è Germania pura, ma non c’è gente in giro a dircelo.

Vediamo anche strani affreschi, di vecchi affacciati alla finestra e segnali per terra che indicano ai cani che è meglio farla nei tombini (!!): questi indizi ci fanno capire che la logica Francese, in fondo simile a noi cugini Italiani, qui non ha mai funzionato granché. D’altronde la maggioranza dei nomi è tedesca e tutti sono bilingue perché per lungo tempo l’Alsazia è appartenuta alla Germania.

In questa settimana abbiamo incontrato alcune persone davvero speciali, e devo dire che non è una novità.

La prima è Henri Bronner, sindaco di Vendenheim amico di Guy Rougieux, che viene a prenderci gentilissimo alle 9 di mattino, ad Hochfelden, con alsaziana puntualità (che è 5-7 minuti da quella tedesca, che è 5 dopo quella svizzera che è imbattibile, anche dai giapponesi).

Henri è una persona che non riesce proprio a mascherare la sua natura intelligente e generosa. Ci carica in macchina e, malgrado un’agenda fittissima di impegni, ci porta a Strasburgo che dista 15 km per visitare la centrale di depurazione, la 5a in Francia, che tratta residui per 1 milione di “abitanti equivalenti” (si dice così), proprio sulle sponde francesi del Reno.

ll dottor Samir Idir ci illustra questa meraviglia tecnologica che restituisce acqua al grande fiume, grave malato ed oggi sotto meticolosa osservazione da parte della Comunità Europea.

L’acqua che viene immessa in Reno è quasi potabile.

Dai residui della depurazione si produce gas naturale, tanto che il prossimo anno la stazione sarà indipendente per produzione di energia termica e prossimamente anche elettrica (si pensa addirittura di rendere disponibile il surplus di energia per uso pubblico).

Incontriamo anche Aude Gambet, una giornalista della DNA di Strasburgo che scrive un articolo su di noi: lo potete leggere qui.

Torniamo poi a Strasburgo dove il nostro sindaco ci introduce ad Andrée Buchmann, consigliere regionale d’Alsazia e vice presidente della comunità di Strasburgo (con delega al’ecologia).

Ci racconta le politiche ambientali di questa città, incrocio d’Europa e all’avanguardia nelle idee e nella gestione urbana. La signora ci invita  a mangiare nella fantastica sede del consiglio regionale dell’Alsazia.

Torniamo a Vendenheim dove visitiamo il comune, un centro modello per anziani, un impianto sportivo costruito con le migliori tecniche per un’architettura che ottimizza i consumi. Insomma un sogno.

Il sindaco, che era sindacalista, lavora con grande passione e dedizione ed è amato, con sincerità. Non lesina energie e partecipa ad ogni evento dove la sua presenza sia ritenuta importante.

Per ritornare ad Hochfelden, dove Clodia è ormeggiata, ci accompagna Damien, poliziotto di Vendenheim.

Siamo per la seconda volta ospiti della polizia francese, senza aver commesso nessun crimine (ancora)!

Bruno, che si è sacrificato per vegliare su Clodia, ci aspetta con ansia dato che il vento è propizio. Partiamo subito e con Bruno al timone e Fina ai remi voliamo e percorriamo 18 km in 5 ore, giusto in tempo per arrivare a Vendenheim, dove ci fermiamo due giorni ormeggiati a una bellissima barca olandese.

Questa è la casa di Remy, “eclusier” della prima chiusa sul Reno dopo Strasburgo. Remy, con la moglie Nadash (che di professione fa la postina ciclista) ed i loro due figli, ci offre una doccia calda e ci invita subito a cena, raccontandoci tutto della chiusa e del Reno. La loro figlia Marine ci omaggia anche di un disegno che ci rappresenta tutti e tre!

Grazie Remy e Nadash! Il seguito a presto…

 

 

 
 

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