In precedenza: Giacomo De Stefano, documentarista e navigatore, decide di percorrere a vela e remi le vie d’acqua che uniscono Londra ad Istanbul, con l’obiettivo primario di dare voce alla situazione di degrado di molti fiumi, che potrebbero divenire delle risorse importanti attraverso lo sviluppo di economie sostenibili e di modalità di turismo rispettose della natura. Molti amici lo aiutano in questa avventura, dalla costruzione della barca, fino alla partenza nell’Aprile 2010. Dopo circa un mese di viaggio lungo il Tamigi e il Mare del Nord, Giacomo è costretto a fermarsi per un’improvvisa malattia: dopo le prime cure in Inghilterra, viene ricoverato all’ospedale di Venezia a causa di un virus polmonare potenzialmente mortale. Vinta questa battaglia, Giacomo spende gli ultimi mesi nel recupero della condizione fisica, al fine di poter riprendere il viaggio nel 2011 da dove lo ha lasciato.
Cari navigatori dei fiumi, dei mari e della vita,
sono tornato!
Sono stato mesi fermo, salvo brevi scappate tra i canali veneziani su una piccola “mascareta” per consegnare a impatto zero, verdure coltivate con amore dal mio amico Federico e suo padre Marco. Non sono al massimo e i dottori non si trovano d’accordo con la mia volontà di ripartire ma io mi sento bene.
Questo viaggio è un po’ diverso dagli altri, è un viaggio che io ho condiviso con molti, che è già partito e che altri potrebbero portare a termine. Non posso dire che non sarei felice di arrivare ad Istanbul e che non tenterò con tutte le mie energie, la passione, l’amore ma, come ho visto l’anno scorso, forse le cose stanno per cambiare.
Stiamo forse passando ad un mondo dove non è più l’io assoluto a dominare ma il “noi”, la parola che più strada, anzi acqua, mi ha fatto percorrere nella mia vita e in questa avventura di Man on the River. Così devo pensare ad una eventualità di condivisione anche del prosieguo del viaggio nel caso che io debba fermarmi, di nuovo.
Ho meditato a lungo su questo. Io non sono interessato, non più, ad essere ricordato come Man on the River, come colui il quale ha percorso a remi tutti quei fiumi quei km, ed incontrato tante persone.
No, io mi interessa che siano tanti Men on the River a portare a termine questo e altri viaggi; a sognare e poi realizzare questi sogni. Ad essere attenti agli altri, ad avere cura della vita, delle vite.
Non sono un performer. Mi interessa non tanto arrivare quanto camminare, navigare bene in questa vita. Per il pianeta che condivido.
E per farlo sono pronto a rischiare, come rischiano molti uomini e donne in questi momenti difficili per tanti, in tutto il mondo.
Viaggio anche per coloro che “viaggiano” per salvare se stessi da altri uomini poco generosi e poco attenti. E forse non lo fanno con lo stesso piacere. Se potessero rimarrebbero.
Vedo lo squallore di uomini che hanno pensato solo a se stessi, a costruirsi monumenti, imperi, imprese epiche. Non trovo più senso in tutto ciò, se mai ce n’è stato. Prima o poi la gente comprende e cadono male. E fanno male.
Solo nella condivisione vedo il senso utile di una azione. Di ogni singola azione. Anche quelle che riguardano la mia persona. Ed importante farlo di persona e con attenzione.
Se i ragazzi di Eden Exit non mi avessero aiutato, se Lago non mi avesse dato la possibilità di costruire la barca io non ci sarei. Se John, Lena, Bob, Vitaliano, Sandro, Marco, Giuseppe, Marisa, Stefania, Silvio, Nicola, Paolo, Daniele, Lory, Roland, Claudio, Luca, Massimo, Pati, Malcolm, Paolo, Phyllis, Padri, Michael, Nicolò, Diana, Jacopo, Harry, Earl, Guy e mille altri non fossero stati con me io non ci sarei e il viaggio non ci sarebbe.
Vorrei ripartire verso fine Aprile da Londra, dall’Albert Bridge. Perché è importante per me e perché un amico mi ha invitato a ripartire da lì: so che gli farebbe piacere.
E a Faversham vorrei aiutare gli amici dell’Historic Quay a difendersi dagli speculatori, poi ritornare a Ramsgate dove ero giunto l’anno scorso e ringraziare chi mi ha aiutato tanto, e bere un buon tea da Corby, dove la mia vita è stata salvata da Pat e Ian. E poi via, senza fretta.
Quest’anno partirò con Bruno, un grande amico e skipper che dal Brasile salirà a bordo con me; un grande regalo come lo fu Jacopo l’anno scorso.
A proposito di Jacopo… Quest’anno non potrà più fare tutto il viaggio perché il lavoro lo terrà a Venezia, ma ci sarà; in qualche tappa ci sarà. E’ un grande uomo.
A terra avremo poi Josephine Schaumburg che farà un blog e videoblog da un altro punto di vista. Una bella novità che arricchisce il progetto.
Ragazzi che devo dirvi d’altro… Preparo bene Clodia, che ha dormito in una stalla con i cavalli in Essex per l’inverno, alzo le vele e vado verso Istanbul. Anzi, andiamo ad Istanbul e ci godiamo tutto quello che c’è in mezzo. Con attenzione e con calma.
Quest’anno vi chiedo aiuto per una faccenda che si è rivelata più complessa del previsto: l’alimentazione. Giacomo & friends hanno solo bisogni essenziali e chi ci aiuterà anche solo con un pasto, o un giaciglio sarà in qualche modo (un modo importante) artefice del progetto.
La chiamiamo Gift Economy, l’Economia del dono. Buon vento.
Giacomo
Nota dal team: a breve potrete trovare sulla destra un banner “Sali a bordo”, che vi porterà ad un modulo di iscrizione per chiedere di salire a bordo con Giacomo per qualche giorno. A causa dell’alto numero di richieste e del poco spazio disponibile, quest’anno abbiamo deciso di effettuare a malincuore una selezione tra i richiedenti, dando priorità a coloro che possano contribuire in qualche modo al progetto. Se ritenete di poter essere utili per qualche ragione particolare (scientifica, culturale, etica, politica, sportiva, anche semplicemente umana od altro) vi preghiamo di scriverlo e lo considereremo attentamente. Inoltre, è molto importante sapere se avete una storia da raccontare. Man on the River vive di storie. La squadra di supporto valuterà ogni posizione, e le decisione finale verrà presa direttamente da Giacomo.