Percorriamo 36 km e Vlada ci porta in una spiaggia che ora non è molto estesa a causa livello alto del Danubio. Spiaggiamo, accendiamo il fuoco e subito arriva un pescatore, incuriosito da Clodia. La studia, serio. Apprezza.
Dopo due minuti torna con della sljivovica e quattro pesci grandi. Ne pulisce uno che cerchiamo di cucinare sul fuoco. E’ buono ma cade nella sabbia. Proviamo a pulirlo. Impossibile. Tristezza. E’ morto per nulla, io non amo veder uccidere.
Cerco di diventare vegetariano, ancora senza successo. Troppe volte la mia dieta è soggetta a ciò che offre la casa, ciòe il fiume. Ma ce la farò.
La notte è fredda, senza tenda. Batto i denti: la temperature scende a 3 gradi ed io ho un sacco a pelo da giungla, per climi torridi.
Alle 7 si riparte destinazione Backo, al km 1319. Qui siamo al 1376: bella botta di km. Il fiume è, tanto per cambiare, splendido. Grande, libero, molte isole, fauna ricchissima con Aironi e aquile dalla coda bianca, enormi, che sfruttano le termiche ascensionali. Si vedono pescatori, con rete e canne. Tanti lo fanno di lavoro.
Con Vlada si va veloci. Ci fermiamo per un bagno. Vlada sa tutto: mi racconta del bello e dei dolori, dei suoi viaggi, in Croazia, in Bosnia, della gente che all’inizio lo guarda e sputa per terra, ma poi si parla e i cuori si aprono.
L’odio costruito, la politica di Milosevic, un genio del male, la grande Yugoslavia di Tito e i nazionalismi pilotati che hanno ucciso un sogno multietnico. Ma questa gente, tutta questa gente, è forte, ricca, bella. Sopravviverà anche a questa pornocrazia. Vlada lo sa.
Passiamo il paesino di Milutin Milankovic, genio assoluto: matematico, astronomo, geofisico e climatologo. Il paese, con una bella chiesa, è in Croazia ma la maggioranza di abitanti è Serba. Poi c’è il dolore di vedere Vukovar. Sollevo i remi con Vlada di fronte alla croce bianca che commemora i 2000 e più difensori morti nell’assedio. A Venezia si usa così.
La torre dell’acqua bucata dalle bombe, ancora lì, monumento alla follia, al dolore, alla morte che ha sputato addosso a questa gente. L’acqua, hanno sparato all’acqua. Pensavo alla Duna che in quei giorni scorreva placida come sempre. Sotto i pesci nuotavano. Mentre sopra, a volte, i ponti saltavano.
Poi giù verso il km 1319. Mostro a Vlada che la barca può anche andare contro vento e lui è felice. Troviamo una piccola lanca con pescatori, aironi, e un ristorantino meraviglioso nell’oro del tramonto.
Il Danubio si è scavato un canyon che dalla parte croata è alto anche 50 mt. Qui invece digrada dolcemente e quasi non si vede. Prendiamo una birra e qualche patata fritta al tavolo di legno più bello del mondo, al ristorante più bello del fiume.
Siamo tutti così felici ed in armonia. Oggi abbiamo percorso 57 km. Guardo la danza faticosa dei pescatori che lasciano e riprendono le reti più volte.
Al mattino dopo io parto alle 5,30. Mi faccio 40 km e passo il km 1296 che mi riporta completamente in Serbia. Al mattino un episodio che avrebbe potuto costarmi qualche pezzo. Di me.
Mi scappa. Non la faccio più in acqua come prima perchè i batteri in acqua dolce sopravvivono assai più che in mare dove sono abituato (parole di Andrea Goltara del CIRF che fu a bordo con noi) e cerco una spiaggia. Ce ne sono solo sul lato Croato. Deserto assoluto. Non potrei fermarmi ma mi scappa, tanto.
Guardo a monte e a valle, nessuno in vista per km. Mi fermo e veloce vado tra alberi, scavo una buchetta e come un gatto eseguo il download. Riparto. Dopo pochi metri vedo un cartello in varie lingue e una mi ricorda i fumetti che leggevo da ragazzo: “Achtung minen!”
Deglutisco. Sono intorpidito dal pensiero. Rivedo ogni mio passo, mi viene quasi da ridere, poi da vomitare, sembra irreale. L’avevo anche letto nel libro e nelle guide che gran parte delle sponde Croate sono ancora minate, e sono mine di plastica difficilissime da ritrovare. Dicono che ci vorranno 60 anni per trovarle tutte.Vlada mi dice che anche in Bosnia ce ne sono a milioni e che ci vorranno secoli. Purtroppo ogni anno qualcuno ci lascia qualche pezzo sopra. E i ricambi non ci sono ancora. Triste.
In Serbia ci sono molti canali, Cantiamo insieme Dunave Dunave. Peccato che per ogni chiusa di questi canali siano richiesti 10 euro. Il miglior modo sicuramente per scoraggiare il turismo fluviale. In Francia, per 252 chiuse, Clodia ha pagato 0 euro e Serena 30. Per tutte le altre in UK, Germania e Austria altri 0 euro. In totale 344 chiuse da Wargrave a qui. Spero che la situazione possa cambiare, visto che l’economia non è proprio florida e la disoccupazione sfiora il 50%.
Con la gola secca mi ritrovo al km 1276. Ci sono un ristorantino bellissimo sul fiume e uno strano trattore che lava le patate nel Danubio. Mi fermo tra le ranoccchie che saltano, buon segno, e mi bevo una birrazza Soproni che mi toglie i cattivi pensieri. La gente ride, i bambini corrono. Tutti vogliono quello che tutti vorrebbero. Serenità e vita bella. Mi sento ancora una volta più a casa che a casa. Questa gente vive sul fiume e il fiume vive con loro.
Si notano alcuni muri di troppo qua e la, arrivando verso Novi Sad. Villette abusive, barche nei parchi. E colline, dopo tanti km di pianura. Dopo un po’ arrivano anche le altre due barche, anzi tre perchè anche il kayak di Jacob e Paul si è attaccato. Vlada ritorna a bordo. Sole caldo. Non c’è vento.
Dopo pochi km Vlada mi dice di deviare a destra, nella Dunavac, il piccolo Danubio. Nicola e Paul ci seguono col kayak. All’ingresso incontriamo un motoscafo Bayliner di lusso. Dietro il vetro vedo due belle tette, un sorriso stupendo, capelli biondi, figura sottile ed atletica.
Sogno?? Lei ci dice col più bel sorriso che si possa immaginare, sedendosi sinuosa, innocente e provocante, in inglese: “Da dove venite?” E’ un sogno… Un invito?? Lo so, non lo so. Vlada, intontito anch’egli non le risponde e le sa solo dire: “You made our day”. Hai “fatto il nostro giorno”. Un’apparizione che, in effetti, ci ha dato in un attimo l’eternità della bellezza assoluta.
Dopo un pò appare un panzone nudo che severo ci guarda. Salutiamo.
Era un sogno. Una sirena forse… Ma lui chi era? Vlada dice che in Serbia solo un mafioso può permettersi un tale motoscafo. Al mattino la mina, ora pallottole evitate? Già mi immagino la scena di lui che ci insegue con i 500 Cv e noi due a remi sparati al Wahlalla, e non quello dopo Regensburg.
Il piccolo Danubio è un altro tipo di sogno. Lo percorriamo tra i fumi della stanchezza e della sirena che ci riempie la conversazione. La natura ci riporta alla realtà. Che è bellissima!
6 km di acqua, fiori, animali e poche barche. E silenzio.
All’uscita compare il ponte di Novi Sad.
Sono 63 i km di oggi. All’entrata del marina di Novi Sad, dopo ristoranti sul fiume e persone che cantano, vediamo una moltitudine di case galleggianti.
Vlada qui è a casa. Chiediamo ospitalità al primo marina e ci chiede 10 euro a barca al giorno. Grazie. A quello di Vlada, che si chiama Dunavac, dopo poche parole e sguardi Christian ci dice che possiamo stare tutto il tempo che vorremmo, e gratis. Hvala! Persone splendide. E il marina è molto bello, costruito con amore, autocostruito con amore.
La generosità di Vlada non è che agli inizi. Siamo in sei, con i due ragazzi tedeschi, e Vlada ci invita tutti nella sua casa in collina. Mobilita la sorella Helena, medico, gentilissima e dolcissima, che viene con sua macchina a prenderci e poi lui.
Un piccolo convoglio di cuori felici che si vanno a nutrire di affetto, gentilezza e cibo squisito preparato da Mira, la madre di Vlada, per la quale non trovo aggettivi. Hic manebimus optime, Est Est Est. Ed ancora avanti. Ci riaccompagnano a Novi Sad. Grazie. Hvala.
Novi è tutto, per noi almeno, fuorchè “Sad” (triste, in Inglese).
Ma non sempre è stato così. Alla prossima per parlarne meglio.
????????, dovi?enja (arrivederci)
Good News: Earl, a Margate, UK, sta migliorando. Ma lunga è la strada. Tieni duro amico! Un abbraccio e… Be water!
Grazie! Bella lettura, storia, sperienza… Che vada sempre bene avant, Giac, ti seguiamo! Be water! Abbraccio