15 miglia nautiche, circa 28 km
Scusatemi per il ritardo ma i giorni da Londra a qui sono stati intensi assai.
Il tratto del Tamigi dal London Bridge alle grandi chiuse che servono a salvare Londra da ondate di marea eccezionali, è veramente un delirio.
Alla bruttezza del paesaggio, banche, grattacieli, edifici dell’arroganza e del no-limit, corrisponde la maleducazione dei capitani dei Clippers che creano onde enormi per un fiume, che poi iniziano a rimbalzare da parte a parte.
Il brutto crea brutto.
Al passaggio del meridiano zero di Greenwich ci troviamo con un bel vento al traverso ed issiamo finalmente la vela maestra. Sembra un auspicio positivo, ma subito dopo il vento ci torna sul naso…
Dopo Greenwich il paesaggio costruito continua ad essere delirante, ispirato dai grandi manager senza gusto e cultura.
Poi iniziano le fabbriche, gli enormi docks del porto, il fuori scala di queste costruzioni per mostri d’acciaio di 200 metri (era sabato e per fortuna non ne abbiamo incontrati).
Jacopo quasi piange. Nulla che sia gentile con noi, tutto tendente allo sporco e all’abnorme. Ci consoliamo con qualche albicocca disidratata e un po’ di Marmite, una pasta da spalmare a base di estratto di lievito, molto popolare qui.
Poi, dopo Tilbury, il Tamigi torna ad essere più naturale, anche se si vede che l’industrializzazione ha lasciato le sue tracce. Abbiamo la corrente dalla nostra per tutte e sei le ore di navigazione: la sua forza ci spinge verso il mare, malgrado il vento contrario.
Arriviamo di fronte ad Erith ed iniziamo a pensare, prima che la marea cambi, ad un posto dove fermarci e campeggiare.
Vediamo un bellissimo battello, un Ferry, ormeggiato e alcuni alberi di barche a vela. Un Sailing Club!
Il vento sul naso è vicino ai 18 nodi e remare diventa molto faticoso. Mentre ci aggiriamo tra le boe nel tratto di fiume più profondo, un ragazzo gentile, Mark, si avvicina con un gommone e ci chiede se vogliamo ormeggiarci.
Yes, of course!
E così ci troviamo con tutta la nostra mercanzia allo Erith Yacht Club. Un luogo tranquillo, molto genuino e “cozy”, pieno di anime generose.
Un signore, originario di Malta, si fa in quattro per aiutarci; Anne, una splendida signora, ci prepara un caffe caldo e ci indica dove poter piantare la tenda; Guy e David addirittura offrono la loro barca (un Van der Stadt in acciaio che ha già attraversato l’Atlantico) per far dormire la troupe che nel frattempo ci ha raggiunto.
Syd, un maestro d’ascia, ci racconta delle meravigliose barche in legno che stanno cercando di salvare. Visitate il loro sito per saperne di più.
Accendiamo la stufa e prepariamo un Cous Cous un po sciapo (siamo senza sale) e ci buttiamo in tenda sui gloriosi materassi in schiuma di mais che Stefania Carniato della Imbotex ci ha regalato.
Mi ero dimenticato di raccontarvi questo dettaglio.
Al mattino aspettiamo l’alta marea e con un leggero vento in poppa partiamo.
Grazie a tutti voi amici dello Erith Yacht Club. Ci avete regalato il vostro aiuto e la vostra gentilezza. A presto, spero.